La rinnovata attenzione verso Virgilio conduce alla riscoperta dei codices antiquiores, che uscirono dalle biblioteche dei monasteri per essere accolti e ammirati nei circoli di eruditi di età umanistica.
Personalità di primo piano durante l’Umanesimo e il Rinascimento vantarono il possesso di alcuni
fra i più importanti manoscritti tardo-antichi di Virgilio, o si giovarono della possibilità di consultarli.
Il Mediceo, ad esempio, venne portato a Roma nel Quattrocento, epoca in cui era ancora
ritenuto autografo di Virgilio: nel 1471, il codice venne consultato da Pomponio Leto, che lo utilizzò per il suo commento a Virgilio (a tal proposito, si rimanda a Lunelli); sull’identificazione del Mediceo con l’exemplar antiquissimus mostrato da Pomponio a Bussi per la seconda edizione romana di Virgilio si veda ora Venier . Secondo Sabbadini, le lezioni di M vennero introdotte, come derivanti “ipsis propriis Maronis exemplaribus” (bibliografia in Geymonat), nell’edizione uscita a Venezia nel 1472 per i tipi dell’ Ausonius; contraria è l’opinione di Venier .
Il Romano, già utilizzato dal Poliziano (Branca), fu collazionato nel primo quarto del Cinquecento, anche da Giovanni Pierio Valeriano (l’umanista bellunese Giovan Pietro Bolzani dalle Fosse) per la pubblicazione delle Castigationes et Varietates Vergilianae lectionis (1521) : sull’importanza delle Castigationes per la storia del testo di Virgilio e sulla priorità assegnata ad R dal Valeriano
si veda Zabughin .
Sappiamo, inoltre, che intorno al 1574 Claudio Puteano e Fulvio Orsini intervengono sul Virgilio Augusteo; sempre nella seconda metà del Cinquecento, il prezioso codice Vaticano viene acquistato da Fulvio Orsini (1579), dalla proprietà del quale passerà alla Biblioteca Vaticana all’inizio del Seicento: per i riferimenti all’uso dei codici antiquores da parte degli
Umanisti, si veda Geymonat; un profilo essenziale di Fulvio Orsini è tracciato in Reynolds-Wilson; per uno studio più approfondito sulla sua biblioteca si veda De Nolhac .