In tutti i manoscritti del IX-XI sec. il testo di Virgilio è accompagnato da annotazioni, che possono essere di vario contenuto, origine ed estensione. Per valutare questo aspetto è importante considerare come e per quale utenza sia stato allestito il codice, ma anche quale sia stata la sua storia successiva. Infatti, come di recente è stato rilevato da Maniaci[1], la realizzazione e la fruizione sono i veri elementi discriminanti per un libro commentato, al di là di qualsiasi classificazione.
Essenzialmente si possono individuare due tipologie di libro, in base al carattere delle note di commento e al modo in cui si rapportano al testo all’interno della pagina:
- “EDIZIONE GLOSSATA”
Il testo, che occupa interamente lo specchio di rigatura della pagina, è accompagnato da annotazioni distribuite in modo più o meno disordinato (a seconda del numero di mani intervenute): in genere gli scolî occupano i margini e trattano questioni di senso, mentre le glosse s’inseriscono nell’interlineo e sono deputate a chiarire aspetti grammaticali. Spesso queste annotazioni sono ricavate da commenti organici o da glossari, mentre in qualche caso sono il frutto di un’operazione unica ed estemporanea.
Questa tipologia di libro è ben rappresentata nei codici latini di IV-VI sec.[2]: tra i manoscritti virgiliani, ad esempio, si annoverano il Veronensis (V) e il Mediceus (M). Si tratta di due esemplari molto diversi, soprattutto per formato: mentre nel primo caso l’ampiezza dei margini ha facilitato un intervento esegetico sistematico, nel secondo caso quest’attività si è limitata ad un’espressione occasionale. Entrambe le situazioni si possono osservare nei manoscritti carolingi e beneventani.
L’impaginazione più diffusa tra IX e XI sec. consiste in una colonna di testo circondata da ampi margini destinati alle annotazioni, per le quali in genere è stata approntata un’apposita rigatura. Esempi di questa tipologia sono i seguenti manoscritti di IX sec.: Bern. 165 (b); Bodl. auct. F. 2. 8 (f); Par. lat. 7925 (g); Montepess. H 253 (x); Valentian. 407 (h).
Altri manoscritti presentano invece solo poche annotazioni, a volte anche a causa dello spazio ridotto disponibile nei margini (specie se il testo è distribuito su due colonne per pagina, vd. MISE EN PAGE).
Alcuni manoscritti glossati furono verosimilmente copie di studio, almeno in una fase della loro fruizione: ciò è più evidente nei casi in cui una mano sia responsabile della maggior parte delle annotazioni, specie se fa uso della stenografia (note tironiane). Particolarmente interessanti sono da questo punto di vista gli scolii costituiti da una raccolta di fonti (in genere commenti a Virgilio e autori come Isidoro, Macrobio, Agostino) su un dato argomento: essi sottendono un interesse enciclopedico tipico della cultura carolingia, chiaramente manifestato in raccolte come il Liber Glossarum[3] o in manoscritti come il Bern. 363[4].
- 2. “EDIZIONE COMMENTATA”
Ogni pagina è divisa in due o tre colonne, che ospitano il testo e il relativo commento a lemmi, riportato in forma integrale. Inoltre si possono trovare anche glosse interlineari e marginali (come nell’edizione glossata).
Il termine “édition commentée” e la sua definizione si devono a Holtz[5], che ha indicato come precedente un manoscritto dell’VIII-IX sec. di origine irlandese (Zurich, Staatsarchiv AG 19 n°12). Infatti, un frammento di questo codice presenta il testo di Ezechiele nella colonna centrale e nei margini un’omelia di Gregorio, che ha la funzione di commento. Inoltre, una delle più antiche edizioni commentate di Virgilio, Bern. 172, presenta nei margini gli Scholia Bernensia, un testo legato all’attività esegetica di Adamnano di Iona, e il Servius auctus, che conobbe una precoce diffusione in Inghilterra (vd. LA TRANSIZIONE). Di conseguenza Holtz[6] ha supposto che la scuola insulare sia stato il veicolo (o persino la culla) di questo tipo d’impaginazione, prima che si diffondesse nella scuola carolingia. Probabilmente furono presi a modello i manoscritti tardoantichi che presentano corposi scolii nei margini (come il Veronensis di Virgilio o il Bembinus di Terenzio, Vat. lat. 3226, un frammento di Giovenale del V sec., Vat. lat. 5750). La concentrazione di due testi in un solo esemplare sembra aver fornito una soluzione ideale a un’epoca (VII-VIII sec.) in cui il libro era diventato un oggetto raro e costoso.
L’edizione commentata risponde al bisogno di fornire al lettore gli strumenti ritenuti necessari per la lettura e la comprensione dell’autore. In questo modo il commento svolge una funzione ancillare rispetto al testo, analogamente a quanto avviene in molte edizioni moderne.
Al contrario, i manoscritti contenenti solo il commento a lemmi, ben attestati fin dal VII sec. (vd. LA TRANSIZIONE), si prestavano a essere letti e utilizzati anche senza tener conto del testo virgiliano. Una soluzione ibrida si incontra in alcuni manoscritti di X-XI sec. (Reg. lat. 1495, Bodl. Oxon. F. 1.16), dove dopo il testo di Virgilio è stato copiato anche il commento a lemmi, senza alcuna ricaduta sulla mise en page.
A differenza delle altre tipologie di libro, i codici che presentano testo e commento affiancati sono il risultato di un progetto editoriale accurato, che presuppone una notevole padronanza dei materiali esegetici selezionati e assemblati nei margini di ogni pagina.
Sembra perciò verosimile che, nella maggior parte dei casi, questi manoscritti fossero destinati all’insegnamento: sono stati concepiti sin dall’inizio come ‘manuali scolastici’, finalizzati a fornire un testo completo e affidabile di un autore e di un commento antico. In effetti, in tutti gli esempi di ‘edizioni commentate’ il testo di Virgilio è stato copiato e corretto con attenzione, e in genere (a parte il caso speciale del Bern. 172 e Bern. 167) è accompagnato dal commento di Servio, diventato canonico nella scuola carolingia. Spesso testo e commento derivano da due fonti diverse, anche se a volte il testo è stato corretto proprio in base al confronto con il commento.
Per quanto riguarda la mise en page, le ‘edizioni commentate’ di Virgilio del IX sec. in genere presentano il testo nella colonna centrale e il commento nelle due colonne marginali: Bern. 172+Par. Lat. 7929 (a), Reg. lat. 1669 (i); l’Hamburg. scrin. 52 (k). Invece, nel Bern. 167 (e) testo e commento sono ripartiti su due colonne: l’effetto della mise en page sul testo è in questo caso particolarmente evidente perché il commento risulta ricavato dalla colonna destra del Bern. 172+Par. Lat. 7929 (a). L’impaginazione su due colonne si ritrova in un manoscritto della fine del IX sec., il Par. lat. 10307, e in vari manoscritti successivi (v. MISE EN PAGE).
In seguito la fortuna di questo tipo d’edizione si eclissa, specie nel XII a seguito del passaggio a formati più stretti di codice con margini meno ampli.
Gli studiosi generalmente hanno concentrato la loro attenzione sul primo gruppo di manoscritti (‘edizioni commentate’), alcuni dei quali sono stati usati per le edizioni di Servio o di altri commenti (e.g. gli Scholia Bernensia).
Tuttavia, anche il secondo gruppo di manoscritti (‘edizioni glossate’) richiede un adeguato studio, sia per chiarire aspetti relativi alla storia della tradizione e ai rapporti tra diversi esemplari, sia per il contenuto stesso degli scolii. In molti casi, infatti, nei margini di questi manoscritti si ritrovano annotazioni estranee al commento di Servio, che derivano da altri commenti antichi o che sono da collegare con l’attività di alcuni maestri d’età carolingia (i cosiddetti scholia non Serviana).
Anche le glosse di carattere grammaticale, lessicografico o etimologico meritano attenzione; un caso speciale è costituito dalle glosse vernacolari[7], che forniscono importanti informazioni sulla provenienza del manoscritto e, più in generale, sull’evoluzione delle lingue locali nell’alto Medioevo (vd. GLOSSE).
Distribuzione dei manoscritti carolingi e beneventani di Virgilio
[1] Maniaci, M. “«La serva padrona». Interazioni fra testo e glossa sulla pagina del manoscritto”, in Talking to the Text. Marginalia from Papyri to Prin. Proceedings of a Conference held at Erice, 26 September – 3 October 1998, ed. by V. Fera – G. Ferraù – S. Rizzo, Messina 2002, I, 3-35.
[2] Spallone, M., “I percorsi medievali del testo: Accessus, commentari, florilegi”, in Lo spazio letterario di Roma antica, III (La ricezione del testo), Roma 1990, 421-2.
[3] Ganz, D., “The Liber Glossarum: A Carolingian Encyclopedia”, in D. Lohrmann et P.L. Butzer (éd.), Science in Western and Eastern civilization in Carolingian times, Basel-Boston-Berlin 1993, 127-138.
[4] Gavinelli, S., “Per un’enciclopedia carolingia (codice Bernese 363)”, Italia medioevale e umanistica 26 (1983), 1-25.
[5] Holtz, L., “Les manuscrits latins à gloses et à commentaires, de l’Antiquité tardive à l’époque carolingienne”, in Il libro e il testo. Atti del convegno internazionale (Urbino, 20-23 settembre 1982), a cura di C. Questa e R. Raffaelli, Urbino 1985, 160-166.
[6] Holtz, L., “Glosse e commenti”, in Lo spazio letterario del Medioevo, 1. Il Medioevo latino, vol. III, La ricezione del testo, Roma, Salerno Editrice, 1995, 59-105. Id., “Le rôle des commentaires d’auteurs classiques dans l’émergence d’une mise en page associant texte et commentaire (Moyen-Âge occidendal)”, in M.‑O. Goulet-Cazé et al. (éds), Le commentaire: entre tradition et innovation. Actes du colloque international de l’Institut des traditions textuelles (Paris et Villejuif, 22-25 septembre 1999), Paris 2000, 107-8.
[7] Siewert, K., “Vernacular glosses and classical authors”, in Medieval and Renaissance Scholarshi Proceedings of the Second European Science Foundation Workshop on the Classical Tradition in the Middle Ages and the Renaissance (London, The Warburg Institute, 27-28 November 1992). Ed. by N. Mann and B. Munk Olsen, Leiden-New York-Köln 1997, 137-152. Vd. anche Munk Olsen, B., L’étude des auteurs classiques latins aux XIe et XIIe siècles. Catalogue des manuscrits classiques latins copiés du IXe au XIIe siècle, t. 4.1 La réception de la littérature classique: travaux philologiques, Paris 2009, 191-95.