Iscrizioni

Le tracce di Virgilio nella documentazione epigrafica sono numerosissime, distinte fondamentalmente in due tipologie: le citazioni dirette e le reminiscenze.
Un’utile e sintetica panoramica sull’argomento è costituita dalla voce “Epigrafia” dell’Enciclopedia Virgiliana, a cura di Solin.

Alcune fra le testimonianze più significative sono conservate in forma di graffiti ed epigrafi.

Tra il I e l’inizio del II secolo d.C. si datano una serie di graffiti parietali che costituiscono le più antiche trascrizioni dell’opera di Virgilio a noi note.

Circa sessanta graffiti conservati a Pompei tramandano versi virgiliani, tratti in prevalenza dall’Eneide(circa quaranta citazioni), ma anche dalle Bucoliche (quindici citazioni); meno rappresentate leGeorgiche, (con due citazioni soltanto). Buona parte delle iscrizioni pompeiane proviene dalle pareti di luoghi pubblici, come la Grande Palestra, ed è considerata frutto delle esercitazioni grafico-mnemoniche di scolari, come suggerisce la ricorrenza di versi incipitari (Aen. 1.1 ricorre 13 volte, 12 volte Aen. 2.1), di personaggi noti e di episodi del poema fra i più popolari nelle lezioni dei maestri di grammatica. Altri graffiti, invece, incisi sulle pareti di case signorili, sono stati collegati a situazioni della vita adulta: la più lunga delle citazioni virgiliane di Pompei (Aen. 1.242-3), restituita dal peristilio della casa di M. Fabio Rufo, è preceduta da un saluto in prosa che dimostra velleità letterarie.

Sedici citazioni virgiliane sono state individuate fra le numerose iscrizioni conservate a Roma, nella Basilica degli Argentari all’interno del foro di Cesare. Qui i graffiti si trovano in ambienti di età traianea, destinati ad ospitare le riunioni di una scuola di grammatica: la ripetuta citazione di Aen. 1.1 (sette occorrenze) e Aen. 2.1 (cinque occorrenze) conferma il carattere didattico delle iscrizioni e l’affinità con i graffiti pompeiani.

Gli autori dei graffiti, a Pompei come a Roma, adoperano “disinvolte e fluide varietà di evoluta corsiva antica” (Petrucci), denotando il possesso di una buona educazione scolastica. La corsiva antica, infatti, adoperata prima del IV secolo per i documenti, gli affari e gli scritti quotidiani, veniva insegnata alla scuola del grammaticus, una scuola -appunto- di livello intermedio. Virgilio era autore prediletto nell’insegnamento grammaticale (Quint. Inst. 1.85): scrivendo i suoi versi si imparava anche a tracciare la corsiva antica e si perfezionavano le abilità grafiche.

Questo genere di testimonianze offre apporti occasionali alla critica del testo, come ad esempio, nel caso di:

ecl. 2.56 rusticus es Corydon] r. est C. RP CIL 4.1527

Merita un cenno anche la presenza di Virgilio nelle epigrafi, per lo più raccolte nei CLE (Carmina Latina Epigraphicae presentate nello studio fondamentale di Hoogma.

Talvolta, infatti, gli autori di epigrafi citavano, in maniera più o meno letterale, le opere del poeta: di norma, si estrapolavano dal testo originario unità metriche e sintattiche, spesso ricavate dalle sezioni iniziali e finali dei versi e più facilmente adattabili al nuovo contesto.

In altri casi, la memoria di Virgilio si manifestava piuttosto in reminiscenze più o meno evidenti, che a noi rivelano la consistente influenza del poeta sul patrimonio lessicale epigrafico.

Un caso esemplare in cui una testimonianza epigrafica fornisce indicazioni importanti per lacostituzione del testo è: Aen. 1.2 lauinaque] M1γRp2ω CIL II 4967,31

La lezione Lauinaque (accolta a testo dall’edizione di Conte) è, come si vede, non solo trasmessa da una parte cospicua dei codici, ma anche da un’iscrizione su una tegula d’argilla, ritrovata presso la colonia spagnola di Italica e datata al I sec. d.C. Concorrono a rafforzare l’evidenza altre testimonianze indirette: sul problema si veda un recente articolo di Berti.