I manoscritti di Virgilio prodotti tra IX e XI sec. si possono classificare in base a una serie di caratteristiche formali: ecco le più rilevanti.
Per quanto riguarda le dimensioni, tutti i manoscritti del IX-X sec. presentano un formato medio, con un’altezza compresa tra 26 e 35 cm. Nell’XI sec. il 55% dei manoscritti presenta dimensioni simili a queste, mentre il 25% sono più piccoli e il 20% più grandi (fra questi tre superano i 40 cm di altezza): si veda a riguardo Munk Olsen.
Per quanto riguarda la scrittura, si distinguono due gruppi: i codici in minuscola carolina e i codici in scrittura beneventana.
Dal punto di vista codicologico, si possono distinguere due principali tipologie di mise en page, a tre o due colonne (vd. immagine):
- Schema a tre colonne (A): la colonna centrale è occupata dal testo e quelle laterali da un commento continuo (edizione commentata) o da scolii discontinui (edizione glossata). Nell’XI sec. si osserva che il margine interno si riduce drasticamente: di conseguenza solo una colonna viene impiegata per il commento: vd. schema A’.
- Schema a due colonne (B): le colonne sono entrambe destinate al testo, oppure una colonna è impiegata per il testo e una per il commento (edizione commentata) o per gli scolii (edizione glossata): vd. schema B’.
In relazione allo schema B sono utili ulteriori precisazioni:
Fra i manoscritti del IX sec. solo alcuni prevedono la disposizione del testo su due colonne per pagina: Guelf. Gud. lat. 70 (γ), Guelf. Gud. 60 (w), Par. Lat. 7926 (r); Par. Lat. 7927 (z).
Secondo Holtz la tipologia dei manoscritti poetici a due colonne costituisce un’innovazione recente, forse di origine insulare. In effetti, in tutti i codici più antichi i versi sono disposti su una sola colonna.
Tuttavia, se si passa a considerare i manoscritti contenenti testi in prosa, si osserva che la mise en page con due colonne, probabilmente derivata dai rotoli, è molto diffusa tra V e VIII sec. e risulta nettamente preponderante tra i codici più antichi dei Vangeli (vd. Lowe): ciò potrebbe aver influenzato gli scribi altomedievali di testi poetici.
Nel caso dell’edizione commentata su due colonne (schema B’), molteplici sono le modalità di raccordo grafico tra testo e commento, a seconda che il criterio seguito sia la continuità logica ovvero l’uniformità formale tra una pagina e l’altra. Si veda a proposito la casistica raccolta da Novara e da Holtz.
A partire dal X sec. le tecniche d’impaginazione si affinano per consentire maggiore rispondenza tra testo e commento ed evitare la presenza di spazi vuoti nella pagina: perciò in qualche manoscritto il copista ha disposto testo e commento su entrambe le colonne.
Ad esempio, nel Neap. lat. 5 il testo si alterna con il commento, cosicché entrambi hanno lo stesso modulo, e di conseguenza la stessa importanza per il lettore, che è indirizzato a leggerli contestualmente. Per altri casi simili si veda Munk Olsen.
Uno degli esempi più interessanti è il Par. lat. 16236, caratterizzato da un’impaginazione ancor più flessibile, che prevede la possibilità che il commento occupi i margini superiore ed inferiore e talvolta anche una parte della colonna destinata al testo, circondandolo. Questo schema a ‘enclave’, che fu molto sviluppato nei manoscritti biblici, ha avuto a lungo fortuna anche nei libri a stampa.