Una mappatura precisa dei manoscritti virgiliani prima del XIII sec. è difficilmente tracciabile, in assenza di elementi precisi che consentano senza ombra di dubbio di precisare data e luogo per ciascun codice. Tuttavia, in base a vari criteri (analisi della scrittura, delle note di possesso, delle illustrazioni) è possibile formulare delle ipotesi verosimili che consentono di individuare delle tendenze generali (vd. Holtz e Munk Olsen).
In primo luogo, i manoscritti conservati prima del XII sec. si concentrano in due periodi: all’incirca la seconda metà del IX sec. e la fine del X e l’inizio dell’XI sec. Questa circostanza non sembra casuale (come, al contrario, la scomparsa di manoscritti in altri periodi), ma testimonia indiscutibilmente un fervore di studi attorno al testo di Virgilio.
D’altra parte, mentre fino al IX sec. quasi tutti i manoscritti conservati provengono dal territorio corrispondente all’attuale Francia (e, in parte minore, dalla Germania), successivamente si nota una maggiore diffusione dell’opera virgiliana in tutto l’impero carolingio (comprese le frange estreme, come Inghilterra e Spagna) e in Italia meridionale.
IX | X | X-XI | XI | |
Francia | 31 | 5 | 1 | 4 |
Germania | 8 | 3 | 4 | 4 |
Inghilterra | 4 | |||
Italia (N) | 2 | 2 | ||
Italia (S) | 2 | 7 | ||
Spagna | 1 | |||
Austria-Svizzera | 1 | 1 | ||
NC | 1 | 7 | 6 | 18 |
L’impressione che si riceve da questi dati orientativi è che la fortuna del testo di Virgilio abbia conosciuto una prima fase ‘francese’, che registra un’esplosione dopo l’850, probabilmente a causa della proliferazione delle copie e del consolidamento nella pratica scrittoria e scolastica di uno standard definito all’inizio del secolo. In seguito, questo modello viene esportato e arricchito in altri centri, cosicché si può definire una seconda fase ‘europea’ della fortuna del testo, che culmina due secoli dopo. Nel frattempo anche altri autori classici (specie Orazio e Ovidio) erano entrati nel canone scolastico: la concorrenza con questi testi e la necessità di selezionare un numero contenuto di letture indispensabili ha probabilmente aver condizionato anche la tradizione di Virgilio: a partire dal X sec. sono testimoniate edizioni separate dell’Eneide (il primo esempio è il Florent. Laur. Ashb.23), poema a cui soprattutto nel XII sec. verrà data la preferenza rispetto a Bucoliche e Georgiche (spesso raggruppati con l’Appendix come Carmina minora). Un altro fattore che può aver influito sullo sviluppo di questa tendenza è l’influsso del commento di Servio, che si apre appunto con l’Eneide per passare ai poemi minori.
Invece tutti i manoscritti di Virgilio del IX sec. (e una buona parte dei manoscritti di X-XII sec.) presentano contestualmente le tre opere, nell’ordine già consolidato nella tradizione più antica (Bucoliche, Georgiche, Eneide): da questa probabimente, oltre che dall’organizzazione del lavoro di copia, deriva anche l’uso di far corrispondere l’inizio di un’opera all’inizio di un nuovo fascicolo, che si osserva a volte anche nei manoscritti carolingi (vd. Bern. 172+Par. lat. 7929-I; Guelf. Gud. lat. 70).
Estratti virgiliani in manoscritti di altri autori non sono molto frequenti nel IX sec.; Holtz ha segnalato due casi: un codice liturgico tedesco della prima metà del IX sec. (Guelf. Weiss. 91) e una raccolta di carmina christiana dela metà del IX sec. probabilmente confezionata a Laon (Bern. 455). Lemmi di Virgilio compaiono anche in alcuni florilegi prosodici, tra cui in particolare l’Opus Prosodiacum di Mico di Saint Riquier (ca. 840), gli Exempla diversorum auctorum contenuti nel Reg. lat. 215 (Laon, IXex.), e un florilegio premesso ad un commento a Giovenale nel Sangallens. 870 (Reichenau, metà del IX sec.).
I florilegi sono una delle tipiche manifestazioni dell’approccio agli auctores nel Medioevo, basata su una parcellizzazione e una transcodificazione del testo, che risulta così ridotto a un insieme di exempla ad uso scolastico. Parallelamente si era sviluppata la letteratura degli accessus e dei commenti, che costituivano dei percorsi obbligati per accostarsi ai testi classici, come dimostra la loro cospicua presenza nei manoscritti carolingi contenenti il testo integrale degli auctores.