Il Testo dei manoscritti carolingi di Virgilio: Errori e Gruppi

La contaminazione e il metodo di lavoro dei copisti di età carolingia

All’uniformità strutturale che caratterizza i codici carolingi corrisponde una sostanziale uniformità testuale. Infatti, si possono individuare non solo errori congiuntivi significativi condivisi da tutta la ‘vulgata carolingia’, ma anche tipologie di correzione comuni: perciò questi manoscritti costituiscono un modello di tradizione contaminata e forniscono ottimi esempi per illustrare il metodo di lavoro dei copisti di età carolingia.

Opportunamente Mynors richiamava al riguardo l’immagine delle zelanti api virgiliane (georg. 4.169 feruet opus redolentque thymo fraglantia mella)[1]: la capillare circolazione di varianti tra questi manoscritti è il risultato di una frenetica attività di raccolta e di confronto di dati.

Nonostante in alcuni casi sia possibile individuare relazioni molto strette fra due testimoni, l’ alto grado di contaminazione impedisce di applicare alcuni criteri della filologia tradizionale (e.g. eliminatio codicum descriptorum): ad esempio, il Bern. 167 deriva probabilmente (attraverso un passaggio intermedio) dal Bern. 172+Par. lat. 7929-I; tuttavia se ne discosta in qualche punto, presentando varianti (talvolta molto significative) ricavate da altre fonti. Ne consegue la necessità di tributare a tutti i testimoni la dovuta considerazione. Un altro aspetto da non trascurare è l’eventuale presenza di materiale esegetico, utile a definire le relazioni fra manoscritti e rilevante in relazione alla ricezione e alla storia del testo.

Su queste motivazioni si basa la scelta di includere nella recensio dei manoscritti su cui si basa la nuova edizione teubneriana di Virgilio (Conte 2009 e Ottaviano-Conte 2013) tutti i codici del IX sec. completi. Fra questi, alcuni erano ancora inesplorati dal punto di vista testuale (tra i carolingi: gijklqwxyz). La collazione di questi nuovi manoscritti non solo ha messo in luce relazioni, spesso significative, con quelli già noti, ma in alcuni casi ha permesso di valorizzare lezioni altrimenti perdute o scarsamente testimoniate.

La ‘vulgata’ rappresentata dai manoscritti di IX sec. (Φ)

Mynors è stato il primo editore a fare ampio uso dei manoscritti carolingi di Virgilio, indicandone il consenso (con l’ esclusione di γ, considerato un descritto di P) con un siglum comune, ω. In realtà, lo studioso precisava di aver usato questa sigla più per esigenza di brevità che per indicare una fonte comune da cui derivassero tutti i carolingi[2]. In effetti, l’eventualità che un unico esemplare possa essere all’origine di tutti i manoscritti carolingi appare improbabile anche da un punto di vista storico, dal momento che, come si è visto, nel IX secolo vari esemplari antichi erano ancora in circolazione.

Numerosi sono, tuttavia, i casi di errori condivisi da tutti i manoscritti carolingi, come dimostra il seguente campione per l’Eneide (Aen.1-6, dall’apparato di Conte[3]):

 Aen. 1

513 percussus FPRbwγ perculsus MP2ωγ1;

642 antiqua PRbcdw: antiquae MPΠ5ωγ, Tib.;

741 quem] quae ω ( praeter cefh) γ1;

 

Aen. 2

30 acie MPRnγ, DSeru.: acies Π5ωγ1;

129 rupit Mg, Don. ad Ter. Phorm. 756: rumpit Pωγ;

317 praecipitat Peγ: praecipitant Mωγ1, Seru., Tib.;

445 tota Pγ, Tib., agnoscit DSeru.: tecta FMP2?ωγ1;

448 illa FPanrγ, Tib.: alta FcMωγ1; tollere Parγ: tollit FMVωγ1, Seru., Tib.;

755 animo MPanγ, Tib.: animos ωγ1;

804 montis Madrw (-tes M2), Tib.: montem Pωγ, Seru.;

 

Aen. 3

93 uox FP, Tib.: et uox F2MP2ωγ, Non. 390.2;

123 domum FPtγ: domos Mωγ1 (domus b), Tib.;

 

Aen. 4

116 confieri Rhjkntωγ (comfieri MA, confier p), Seru. hic et ad Aen. 3.717, Tib.: quod fieri Mωγ: quo fieri Fcγ;

284 quae] et quae ω ( praeter cgrt);

290 sit rebus ωγ1 ( praeter cgqr);

436 dederit MPpqwγ (derit Π5): dederis ωγ1, Seru.;

490 mouet MPpt (mouit F): ciet FcP2ωγ;

529 neque P (naeque M): nec MAPxpωγ;

564 concitat aestus FPpcrγ: fluctuat aestu Mωγ1 (f. aestus gkw), DSeru.;

576 instimulat FPpcγ: stimulat Mω, Seru.;

 

Aen. 5

89 iacit MPpc?γ: trahit Rωγ1, Tib.;

143 tridentibus FMPpabd: stridentibus F2Rωγ, Tib., Prisc. 1.51; derige PRγ: dirige Mpωγ1, Sen. Benef. 6.7.1, Tib.;

163 laeua MPpbgrγ, schol. Med. ad buc. 9, 61, Tib.: laeuas Rωγ1;

486 dicit Ppγ: ponit MRVγ, Non. 320, 37, Tib.

518 aetheriis Pdvwγ: aeriis MRpωγ1, Macrob. 3.8.4, Tib.;

534 honores MPRgnγ, ps. Acro ad Hor. ars poet. 305: honorem MApωγ1, Tib.;

584 aduersi MRpz: aduersis Pp2ωγ (auersis v), Tib.;

592 alio MPcnγ: aliter Rxpωγ1, Non. 331.12, Tib.: alioter R;

649 uocisque] uocisue γ ( praeter abertv), Seru. ad Aen. 6.50, Tib.;

784 fatisque MPRaefrt, Tib. in lemm.: fatisue Fωγ, Tib. in interpr.;

 

Aen. 6.

126 auerno MPbnrx, schol. Bern. ad buc. 5, 6, Tib. (auerno est M2): auerni P2Rωγ; utrumque agnoscit Seru.;

452 umbras PRnγ: umbram MA (umbra M) ωγ1, Seru. ad u. 340, Tib.;

475 concussus MPγ: percussus Rγ, Tib.:

553 bello FPRabnrtγ, Tib.: ferro Mωγ1;

591 pulsu FMPγ: cursu FcMARωγ1 (curru d, cursus ghz), Tib.

 Come si vede, il numero di errori condivisida tutti (o quasi) i manoscritti carolingi è davvero notevole (per un elenco più completo vd. Kaster[4]): la spiegazione più plausibile per questo fenomeno è che un testo vulgato si sia formato per contaminazione e si sia diffuso orizzontalmente in un periodo (IX-X sec.) e in un’area circoscritti (impero carolingio).

Nella recente edizione teubneriana di Bucoliche e Georgiche, a causa dell’introduzione di un nuovo gruppo di manoscritti (i Beneventani, indicati con il siglum Λ), si è optato per designare il consenso dei codici carolingi con un nuovo siglum (Φ), mentre ω esprime l’accordo ΦΛ. In attesa di un aggiornamento dell’apparato dell’Eneide (per cui non si dispone ancora dei dati relativi a tutti i codici beneventani) negli esempi citati da quest’opera si fa uso esclusivamente del siglum ω, conformemente ai criteri dell’ed. Conte 2009.

In cerca dell’ oro perduto: la sopravvivenza di lezioni autentiche nei manoscritti carolingi

Ai fini testuali, il valore testimoniale dei codici carolingi si definisce in base alle lezioni autentiche che essi preservano, specie laddove la tradizione tardo-antica è male attestata o corrotta.

Ecco i casi più significativi in cui, fra i testimoni diretti, soltanto uno o più manoscritti carolingi conservano la lezione autentica (secondo le edizioni di Conte 2009 e Ottaviano-Conte 2013):

 ecl.

1.12 turbatur kyzΛ, Quint. 1, 4, 28, Cons. 372, 35, DSeru. ad Aen 1, 272, «uera lectio» iudice Seru.: turbamur PRΦγ, agnoscit Seru.

3.66 at ωγ, Don. ad Ter. Eun. 85, Phorm. 107: ad PRac, schol. Bemb. ad Ter. Eun. 855.3 considimus cdekΛγ1,

5.45 nobis carmen er, Probus 233, 32: carmen nobis PRω, cod. Auson. 197, Rufin. 58, 23, Prisc. 7, 336,

8.74 hanc tΛ, def. Wakefield: haec MPaΦγ, Seru. ad Aen. 4, 508, schol. Bern.

georg.

1.461 uehat ω (ueat gxnoηγ), Rufin. 53, 5, Seru., Exp., schol. Bern.: ferat M (uerat MA, nescio an r expuncta) R; cf. Gell.13, 11, 1

2. 8 dereptis adfgiz, schol. Bern. (cf. Aen. 1, 211 et 4, 593): direptis Mωγ, DSeru. ad Aen. 12, 358

2, 52 uoces ωγ, Seru., Exp.: uoles Mγ1;

2, 256 quis cui ab?f?: quis cuique Mc?r, «male quidam» ap. Seru. «excludentes at»: quis cuiciue R: quisquis Pω, «uera lectio» iudice Seru.

3, 91 achilli bgijrvxoηγ (-lei P): achilles M: achillis MPRωγ1, ps. Probus, Seru.

3, 141 saltu ωγ, Seru.: saltus MPRr, DSeru. ad u. 143: saltum h

4, 148 me memoranda b2h2i2j2w2 (cf. Colum. 10, 5): memoranda (om. me, ex haplogr.) MPωγ: commemoranda cdjktwzεη

4, 199 nixibus ωγ1, Seru., DSeru., schol. Bern.: nexibus M (ut uid.) Rhjrγ (necsibus P)

4, 241 suffire ωγ, Seru., schol. Bern., Prisc. ter: suffere Pr: sufferre MR

 

Aen.

4.94 94 nomen pin numen FcMPRωγ, Tib.;

5.573 trinacriis g?ik2: trinacrii PRbknr, Seru., Tib.: trinacriae M2 (-cree M) P2pωγ: trinacria a;

5.720 animum i2jkvγ1, Probus 253, 17, Seru.Graeca figura»): animo MPRmpωγ, Tib.;

6.96 qua b2, Bentley: quam MPRωγ, codd. Sen. ep. 82, 18, Seru., Tib.;

10. 428 interimit ω: interemit MPRbfgxzγ, Tib.;

10. 805 arce egk: arte MPRωγ (ar r), DSeru., Tib.;

 In altri casi può accadere che un manoscritto carolingio confermi una lezione corretta già nota attraverso testimoni antichi o grazie a un correttore su di essi operante. Si veda ad esempio:

ecl. 4.59 dicet P2e

ecl. 6.85 referri MxPxcfikxyφ1γ

Aen. 12.342 eminus bis MAckvxzγ1: semel MPRωγ, Tib..

Aen. 11.149 sed venit in medios. feretro Pallanta reposto

pallanta MAix2: pallante MPRωγ, Seru., Tib.

 

I GRUPPI E LE AFFILIAZIONI TRA MANOSCRITTI

A parte un certo numero di casi di accordo, i manoscritti carolingi spesso si separano, e in qualche caso si possono individuare delle tendenze che permettono d’individuare dei rapporti di parentela tra alcuni codici, dovuti a un’interazione diretta (derivazione di un testimone da un altro o da un comune antenato) oppure a contaminazione (l’antigrafo di un manoscritto è stato corretto in base al confronto con un altro esemplare). Ne risulta un panorama piuttosto complesso e tutt’altro che omogeneo.

Kaster[5] ha avuto il merito di individuare, sulla scorta delle indicazioni di Mynors, tre gruppi, all’interno dei quali, al di là della contaminazione e degli interventi di correzione, si possono con buona approssimazione collocare alcuni fra i codici del IX secolo (quelli collazionati da Mynors, cui si aggiunge j, collazionato da Kaster):

I Gruppo: br

II Gruppo: dhtfj

III Gruppo: a2euv

Fra tutti, meglio definito è il terzo gruppo (a2euv), in cui il processo di volgarizzazione appare più avanzato; meno diretto è invece il rapporto tra i codici del primo gruppo (br), il cui testo conserva varianti plausibili non attestate altrove o comuni ad altri testimoni antichi.

Il ‘secondo gruppo’ (dfhjt) si presenta come il più coeso post correctionem, anche se al suo interno si registrano deviazioni notevoli, soprattutto nel caso di f e j.

I dati emersi dalle nuove collazioni permettono di ridisegnare questo gruppo: il testo di d risulta omogeneo con gli altri testimoni del Iuvenalis ludi libellus (dlwz), e in particolare si allinea a w (vd. sottogruppo dw).

Al ‘secondo gruppo’ mostra di appartenere anche un altro manoscritto collazionato di recente, g, che mostra una forte affinità con f (vd. gruppo fg). Un altro gruppo è costituito da tre nuovi testimoni (kxy).

I GRUPPO: br

La stretta affinità tra il testo tràdito dal Bern. 165 (b) e il Par. lat. 7926 (r), già messa in luce nell’edizione di Mynors, è stata studiata nel dettaglio con riferimento al testo dell’Eneide da Kaster[6]> (br costituiscono il Gruppo I nella sua classificazione). Secondo lo studioso i due testimoni «are united more by their virtues, which are numerous, than by their faults, which, when shared, are often trivial» (p. 77).

In realtà gli errori congiuntivi che accomunano quasi esclusivamente b e r sono abbastanza numerosi e significativi da legittimare l’ipotesi di un legame tra i due manoscritti. Si veda e.g.

ecl. 4.9 desinet] desinit bg   surget] surgit bfgr

ecl. 8. 11 desinam] Pg desinet Maωg1 desinit bdr

georg. I, 133 extunderet AMPRω] excuderet brac extruderet P2: extuderet fhitγ:

georg. I, 174 quae] om. brac

georg. I, 192 teret] terit Rbrac

georg. II, 409 primus] MPRω primum br

georg. II, 480 residant] residunt bracζ (resident gaciac)

georg. II, 542 fumantia] MVωγ spumantia PRbr

georg. III, 329 ad1] aut brac (at gy)

georg. III, 548 iam nec MPωγ] nec iam Rbr

georg. IV, 327 et] ac brac

Aen. II, 532 multo] MPω multa br

Aen. II, 634 limina] MPω lumina br

Aen. V, 510 rupit] rumpit brac

Aen. V, 573 Trinacriae M2P2pωγ] Trinacrii PRbknr (Trinacriis g?i Trinacria a)

Aen. V, 620 Tmarii Ppωγ] mari Mbhrac

Aen. V, 761 additur MRωγ1] additus Pbracγ

Aen. VI, 702] hunc v.(= Aen. II, 794) om. Pbrt

Aen. VIII, 56 foedera] MRω foedere Pbnrγ

Aen. VIII, 272] hunc. v. om. bfr

Aen. VIII, 680 stans] MPωγ stat Rbnr

Aen. X, 791 optima] Prpcωγ optime MxRbrac optimae M

Aen. X, 824 subiit] Rωγ (subit P) strinxit Mbr

Aen. X, 862 victor] nobis br

Come si vede, alcuni di questi errori sono condivisi da codices antiquiores: segno che anche la fonte da cui discendono br è antica e autorevole. In molti casi è preferibile parlare di alterazione piuttosto che di errore, perché br ci restituiscono una variante antica (di cui a volte sono gli unici testimoni superstiti: vd. Kaster, pp. 82-3).

Una conferma del valore testimoniale di br si ricava anche dai casi in cui entrambi questi manoscritti hanno la lezione autentica contro la maggior parte dei codici carolingi; si veda e.g.

ecl.1.79 hanc PRabdrno hac Pxωγ   noctem PRabdrγ nocte Pxωγ1

ecl. 2.41 albo P2berΛ ambo RΦ

ecl. 8. 58 fiat MPbfgrg1 fiant aωg

georg. I, 341 tum1] MRbnr tunc rpcωγ

georg. I, 341 pingues agni] bnjr agni pingues rpcω

georg. I, 351 possemus] MRbr possimus M7rpcωγ

georg. I, 366 umbram] MRγbj?r umbras ω

georg. II, 54 faciat] Mbdrs faciet M2γ2rpcs2ω

georg. II, 219 semper viridi] bnr viridi semper ω

georg. II, 227 requires] M1Pbfr requiras f2rpcω

georg. III, 73 statues] brt statuis rpcω

georg. III, 248 silvas] bnrt silvam rpcω

georg. III, 249 agris] bnr arvis rpcω   

georg. IV, 88 ambo] Mabrtγ ambos Pωγ1

georg. IV, 97 sicco terram] bnr terram sicco ω

georg. 4.311 magis magis] Pabdervwg (magis cz) magis ac magis MRw

Aen. IV, 191 sanguine] MPabcfinr a sanguine Rω

Aen. V, 163 laeva] MPpbgrγ laevas Rωγ1

Aen. V, 484 repono] MPbnrstγ reponit RVprpcω

Aen. V, 591 frangeret] PRpbkrtγ falleret Mω

Aen. VI, 265 tacentia] FMPRabcnrγ1 silentia M2P2ωγ2

Aen. VI, 438 fas obstat] Mabnrtγ fata obstant MPωγ1

Aen. VI, 553 bello] FPRabnrtγ ferro Mωγ1

Aen. VI, 837 currum] abdnrtw currus rpcωγ1 (circum γ)

D’altra parte, ciascuno dei due manoscritti preso singolarmente conserva lezioni e grafie significative (v. schede di b e di r), che ne confermano l’alto valore testimoniale.

In molti di questi esempi si osserva che i due manoscritti si dividono: in molti casi b si isola dal resto dei carolingi, mentre r tende spesso ad allinearsi con altri codici (il ‘terzo gruppo’ di Kaster, specie il Bern. 167 e il Bern. 172+Par. lat. 7929).

A ciò si aggiunge che i due manoscritti non presentano caratteristiche esterne simili (in r il testo è disposto su due colonne, in b su una, con entrambi i margini riservati agli scolii; gli Argumenta e i paratesti sono in molti casi diversi).

In base a questi dati l’ipotesi più probabile sembra che b e r discendano da due modelli diversi, tra i quali è intervenuta la contaminazione Ciò spiegherebbe bene qualche caso di diffrazione come:

georg. IV, 25 profluet] MRwg1, DSeru. profluit Pγrac profluat b

In particolare, la presenza in r (f. 1v) di una raccolta di glosse affini a quelle presenti nei margini di b sembra suggerire la possibilità che il modello di r sia stato collazionato con b.

Per i rapporti tra j e r, messi in luce da alcuni errori congiuntivi, si veda la scheda di j.

II GRUPPO: cdhijktwxyz

Nella classificazione fatta da Kaster alcuni testimoni (dfhjt) individuano un gruppo, in cui rientrano anche altri manoscritti carolingi finora inesplorati (ilwz, cui si aggiungono talvolta g, legato strettamente a f, e kxy; anche c spesso si allinea con questo gruppo).

Uno fra i casi più vistosi di accordo tra tutti questi manoscritti (cdhijktwxyz) è la trasposizione di due versi in Aen. 4.256-258:

256                  Haud aliter terras inter caelumque uolabat

257                  litus harenosum ad Libyae, uentosque secabat

258                  materno ueniens ab auo Cyllenia proles.

Probabilmente nell’antenato di questi codici il verso 257, omesso a causa dell’omoteleuto con il verso precedente, fu ripristinato nel posto sbagliato. Lo stesso gruppo si presenta compatto anche in altri casi; ecco qualche esempio:

ecl. 5.66 duas2] dus P (corr. P2): dua γ1: duo defghilrx

Aen. 4.225: respicit] perspicit cdhijkwxyz;

Αen. 6.141: decerpserit] discerpserit dghijkwyz;

Aen. 6.591: simularet] simularat Fpccdfgijkvwxyz simulauerat t;

Aen. 6.606: mensas] mensam dfghijwxyz

Tuttavia, i dati emersi dalle nuove collazioni hanno permesso d’individuare delle relazioni più strette tra alcuni di questi manoscritti (dlwz, fg, kxy), cosicché ora il ‘II gruppo’ di Kaster ha assunto una fisionomia diversa. Un’indagine più approfondita è richiesta per stabilire se gli errori condivisi da questi e altri manoscritti del ‘II gruppo’ siano effettivamente congiuntivi o piuttosto possano esser dovuti a contaminazione.

GRUPPO dlwz

Numerosi errori congiuntivi accomunano i manoscritti carolingi di Virgilio che contengono anche la stessa versione (Iuvenalis ludi libellus) dell’Appendix Vergiliana[7], dlz. A questi si aggiunge w, che ha perso la parte iniziale (il manoscritto comincia con georg. 4.70 e termina con Aen. 10.123): perciò non sappiamo se conteneva anche l’Appendix. Anche di l ci è giunta solo una piccola parte (il codice si arresta a georg. 1.494). Infine, z ha perso la parte finale dell’Eneide (Aen. 10.2-12.952), aggiunta da un complemento recenziore che probabilmente non deriva dallo stesso antigrafo. Pertanto il gruppo dlwz si ricostruisce a partire dagli errori congiuntivi condivisi dai seguenti manoscritti: dlz: ecl. 1.1- georg. 1.494; dz: georg. 1.495- georg. 4.69; dwz: georg. 4.70-Aen. 10.1; dw:Aen. 10.1-123.

Ecco alcuni esempi significativi:

ecl. 1.72 his nos] en quos dl (en quis ω), cf. ecl. 1.71 en quo

ecl. 2.43 abducere] obducere laczac

ecl. 3.23 Damon] dammon dlz

ecl. 3.84 est] sit dhilzΛ ( praeter n), Seru.

ecl. 5.9 certet phoebum] p. c. dilz, recc.

ecl. 5.27 nascuntur] dominantur dl (cf. georg. 1.154)

ecl. 5.71 fundam] infundam dilz

ecl. 6.10 leget] legat dlz

ecl. 6.53 niueum] niueum et dl

georg. 1.38 Elysios] eliseos lz

georg. 1.72 et] aut dlz

georg. 1.111 procumbat] procumbet dlz

georg. 1.243 hunc u. post 244 collocant laczac

georg. 1.311 sidera] frigora daclz

georg. 1.352 frigora] frogora laczac

georg. 2.106 turbentur] turbantur daclz

georg. 2.256 at] om. aacdactpcz

georg. 2.377 aestas] aestus aestus aacdznoδ

georg. 2.425 placitam] placidam aacdacznδη

Aen. 2.663 patrem qui] patremque dwzac

Aen. 3.684 Scyllamque] scyllam atque fghijktxy scyll(a)e atque dwz scyllam z1  Charybdinque] cari(/y)bdin fghjkrxz2oac cari(/y)bdim ftzpc carypdim i charybdin jpcy charybdis dw chary(/i)bdim hpcypc i.r. z carybdis z4

Aen. 4.701 aduerso sole] aduersa luce dwacz

Aen. 5.786 nec] om. dwz| traxe] traxisse dwz

Aen. 7.718 marmore] litore dwz

Aen. 7.481 laborum] malorum aduwz uel malorum g2i2 (v)

Aen. 9.481 ille] illa dkwzn al(iter) illa i5

Probabilmente all’origine di questo gruppo va ipotizzata l’esistenza di un’edizione delle opere maggiori e minori del poeta allestita tra VIII e IX sec. (cfr. Vollmer 1908, 26). Da essa dunque discenderebbero i manoscritti in questione, attraverso dei passaggi intermedi: infatti, un rapporto più stretto lega da un lato lz (cfr. ecl. 2.43; georg. 1.38 ; georg. 1.243; georg. 1.352) e dall’altro dw (vd. infra): si possono perciò definire ulteriori sottogruppi. Per completare il quadro della questione sarebbe interessante estendere l’indagine ai testimoni più recenti del libellus che conservano anche il testo di Virgilio (e.g. Par. lat. 8069; Mellic. 717).

SOTTOGRUPPO dw

Ecco una lista dei più significativi errori congiuntivi che accomunano quasi esclusivamente dw:

georg.

4. 211 nec] om. cdw suppl. d2

4.211 populi Parthorum] parthorum populi cdw corr. d2

4. 338 Cymodoceque] cimidoceque ode1 cymodoque dw corr. d2w2

4. 431 dispergit MR: discerpsit P: dispersit wg (desp- dw)

4.434 reducit] reduxit dw

Aen.

1.209 altum] alto dw

1.260 uertit] uertet di2g2w uertit ac g

1.319 diffundere] defundere dacwx difundere hacyaczpc d[e]fundere z

1.414 poscere] discere dgw (ue)l poscere d1(v)

1.420 aspectat] aspectant djacw

1.495 defixus] diffixus dw difixus gac corr. d1

2.670 numquam] nusquam diacw

3.292 portuque] portusque dachacwac

3.341 ecqua tamen] quae tamen et dwz etqua tamen fhijkrxyγpc etque tamen gz

3.347 limina] moenia dw

3.478 pelago] pelago ut dw

3.681 lucusue] lucosue hac lucoue dw

4.42 neu1] ne dw

4.53 campo] campis jacwz compo dac

4.112 auras] aures dwacz (ue)l auras d3

4.541 inuisam] inrisam MAbdwγ1(cf. v. 534)

4.701 aduerso sole] aduersa luce dwz corr. wpc

6.696 tendere adegit] adire coegit dw

6.721 cupido’] cupido est F1dwz

7.566 utrimque] utrumque dacwg

7.641 mouete] monete dacwac

7.675 Othrymque] otyrrimque fx nothymque dw oth[.]rimque h othyrymque i othrimque k othrynque jpc otirinque s othyrimque y othirunque z otrimque t

8.114 ‘qui] quod dw

8.390 labefacta] calefacta djacw

8.409 tenuique Minerua] calathisque minervae dw  (ue)l tenuique minerua d2

9.68 excutiat] excutiet dachpcw

9.134 prae se] presse dacw

9.141 perosos] perosum dspcwxacypcz

9.316 herbam] umbram djw v(e)l er(bam) d2w2(v) (ve)l herbam j1 (v)

9.352 deficere] difficere dacw

9.352 uidebat] uidebant dactacwz

9.452 minor] minus dw minas zac (ue)l minor d2 (v)

9.464 suos] suas dw

9.581 Arcentis] argentis dwac

9.583 Arcens] argens dwac

9.645 aethere] aetheri dachacw

9.768 Lyncea] lingea fgijkxz ligea d lygea tw lyngea y

9.770 huic] hunc dtacw

9.817 uenientem] fugientem dtacwz

I due manoscritti sono accomunati anche da tendenze ortografiche (e.g. Aen. 9.588 tempora] timpora dw; Aen. 1.530 Grai] Graii dw), peraltro non esclusive di questo gruppo (cfr. Aen. 1.603 di] dii dhacqacwz; timpora per tempora= ‘tempie’ è molto frequente in z, vd. scheda di z> ERRORI FONETICI E ORTOGRAFICI).

A fronte di un numero così elevato di errori congiuntivi comuni a dw, vi sono però anche casi di errori che separano d e w (vd. ERRORI SINGOLARI nella scheda di ciascun manoscritto): ciò implica, com’è noto, che nessuno dei due manoscritti deriva dall’altro, ma che essi presuppongono un modello comune. Se si considerano i casi in cui il sottogruppo dw si distingue dal resto dei carolingi,

conservando una lezione autentica o una variante antica, non si trovano esempi particolarmente significativi:

Aen. 1.49 imponet Mg1Rdw: inponit gpw, GLK V, 521, 10, Tib.: inponat recc.

Aen. 3.516 (= Aen. 1, 744) pluuiasque] pliadasque dtwnoγ1, Macrob. 5, 11, 10

 

In entrambi i casi l’antenato di dw potrebbe aver restaurato la lezione autentica per congettura o per influsso di una fonte indiretta. Una spiccata tendenza a intervenire sul testo troverebbe conferma nel seguente esempio:

 

Aen. 3.670 uerum ubi nulla datur dextra adfectare potestas

dextra] Pc?kw, schol. Bemb. ad Ter. Heaut. 301, Tib. in interpr., respuit Seru.: dextram dfghijtxyz def. Seru. | adfectare] affectare dpcjto a[ttr]ectare d attractare w

 

In questo punto l’espressione adfectare creava delle difficoltà, sia leggendo dextra o dextram. Servio[8] spiegava dextram adfectare richiamando l’espressione adfectare uiam, che tuttavia non si può considerare un vero parallelo (dextram non può essere accusativo di direzione come uiam: è invece preferibile sottintendere nauem come oggetto, come suggeriscono i commentatori moderni[9].

Probabilmente la variante attrectare (o, che è lo stesso, attractare) tràdita da dw nasce dalla necessità di sostituire adfectare con un verbo che significhi contingere, capere. A quanto pare, nell’antenato di dw accanto al testo (dextra attrectare) era segnata la variante dextramaffectare, che ha lasciato traccia in d (dextram è già della prima mano, mentre affectare è frutto di correzione.

In definitiva, l’impressione che si ricava è che i manoscritti d e w derivino da un comune progenitore (probabilmente medievale), caratterizzato da una serie d’innovazioni talora dovute a intervento sul testo. Il legame tra i due manoscritti risulta in parte oscurato dalla contaminazione tra il modello di w e un esemplare non omogeneo al secondo gruppo (vd. w, LEZIONI SIGNIFICATIVE).

 

GRUPPO fg

 

L’indizio più evidente della stretta affinità tra f e g si ricava dalle trasposizioni e omissioni di verso condivise dai due manoscritti:

 

Aen. 4.655 post 656 collocant fg

Aen. 7.333. om. f suppl. f2 post u. 365 collocat g

Aen. 9.419 om. fg

Alla luce degli esempi precedenti, appare probabile che anche la seguente omissione (dovuta all’omoteleuto dei vv. 520 e 522, e come tale potenzialmente poligenetica) si trovasse già nell’antenato comune a f e g:

Aen. 8.520–522

Vix ea fatus erat, defixique ora tenebant                                                      520

Aeneas Anchisiades et fidus Achates

multaque dura suo tristi cum corde putabant,

uu. 521-2 om. fg

 

Ecco una lista di altri errori congiuntivi significativi condivisi quasi esclusivamente da fg:

ecl. 4. 9 surget] surgit bfgr

ecl. 5. 15 iubeto]Pωγ (cf. Aen. 10, 53): iubeto ut Rabfgxyz

ecl. 6. 12 praescripsit] perscripsit bfgγ

ecl. 6. 79 pararit] pararet Pdfglφ1

georg. 1.283 fulmine] flumine fg

georg. 1.438 condet] condat fg

georg. 3.129 miscuerunt] miscuerintque fgis

georg. 2. 343 possent] possint M (corr. M2, sed rursus possint ead. uel al. man.) afg

georg. 2.362 adolescet] adolescet fgrγ

georg. 4.243 stelio] Mx (stello M) RbcdixΛγ:stellio PΦγ1, Seru. ad Aen. 5, 795, schol. Bern.: stilio afg: stillio w

georg. 4.522 discerptum] direptum fg

Aen. 4.523 quierant] quierunt afgn

Aen. 5, 281 uelis…plenis] plenis…uelis fg

Aen. 5, 799 domitor] dominator fg

7. 281 spirantis] flagrantis F2 (flagratis F) fgx2

7.555 coniugia] conubia fg

9.17 17 ac Pωγ: et MRfg, Tib.

Aen. 12.149 fatis] telis fgγ1, Tib.

Aen. 12.624 currumque] currusque fg

In particolare, numerosi sono i casi d’inversione di parole poste all’incirca a metà del verso (vd. INVERSIONI):

Aen. 6.354 tantis nauis] n. t. fgz

Aen. 8, 413 possit paruos] paruos possit fg

Aen. 8.472 belli auxilium]a. b. fgx

Aen. 8.567 dextra et totidem] totidem dextra f (dextras g)

Aen. 9, 226 Teucrum primi] p. t. fg

Aen. 11, 564 magna propius] p. m. fg

A questi casi si aggiungono le frequenti omissioni di parola condivise da fg:

Aen. 3, 368 possim] om. fg

Aen. 3, 523 Italiam2] om. fg

Aen. 7, 99 a] om. fg

Aen. 7, 408 tristis] om. fg

Aen. 7, 430 et] om. fg

Aen. 8, 592 muris] om fg

Aen. 9, 182 amor] om. fg

Aen. 10, 786 sed uiris] om. fg

Aen. 12, 482 uirum] om. fg

La presenza di errori che separano f e g (sia errori singolari sia errori dovuti a contaminazione con altri manoscritti) suggeriscono l’esistenza di un antenato comune ai due manoscritti, da cui essi sembrano derivare attraverso almeno un passaggio intermedio. Il valore di questo esemplare ricostruito si evince dalle lezioni autentiche o probabilmente antiche trasmesse quasi esclusivamente da fg: si veda ad esempio:

ecl. 8.58 fiat] MPbfgrγ1,: fiant aωγ

ecl.6.2 nec RVafg: neque Pωγ (lezione nec accolta da Ottaviano 2013)

Aen. 12.422 imo MPbfgny: imo in P2Rωγ1 (u. om. γ), Tib.

 

GRUPPO kxy

Ecco una lista dei più significativi errori congiuntivi che accomunano quasi esclusivamente kyz:

ecl. 10.19 upilio] MRabtνγ (ypilio n): utfilio P: opilio Pxωγ1 (oppilio ksxyδ), Expl., schol. Bern.

georg. 2.219 uestit] uertit fkxyz

georg. 4. 45 et] e kxy; «e leui … alii et leui legunt» Seru.

georg.4.311 tenueque P: tenuem (om. -que) hijkxyznε

Aen. 2.67 in] om. kxyγ2

Aen. 6.242 unde locum Grai dixerunt nomine Auernum] hunc u. om. FMPrω habent Rbkxo ante v. 241 aγ suppl. h2r3j1t2v3y2z4γ2 (aornum ky2γ)

Aen. 7.379 magno in] in magno kxy

Aen. 8.313 Euandrus] euander Pckxyγ (corr. γ1)

Aen. 8. 324 aurea quae] MP2Rωγ, Lact. diu. inst. 1, 13, 12, Aug. ciu. 18, 15, Tib.: aureaque P: aureaque ut cekuvxy (cf. georg. 1, 247 et Aen. 4, 179)   fuerunt Pckxyγ

Aen. 8. 512 fatum] PRωγ, DSeru. hic et ad u. 552: fata MP2ckxyγ1: fato u

Aen. 9, 237: conticuere] procubuere Pcekuvxyγ (corr. γ 1), e u. 190

Aen. 10.178 hastis MRωγ1, Tib.: armis Pcekuvxyγ

Aen. 10.725: cervum] taurum ky

Aen. 10, 863 dolorum] dolorem PRkxyγ (corr. R1γ1)

Aen. 12. 345 uentos] gentes c?hkxy  

Aen. 12.397 mutas] multas P (corr. Px) cgjknxy

Aen. 12.898 aruis] arui kxyz

Ciascun manoscritto presenta errori propri (vd. schede, ERRORI SINGOLARI), che indirizzano verso l’ipotesi di una dipendenza da un progenitore comune (oppure di parentela dovuta a contaminazione, possibile soprattutto per x).

Il gruppo kxy (e k in particolare) in qualche caso si distingue dalla maggior parte dei carolingi qualche lezione, preservando lezioni autentiche o comunque antiche, vd. e.g.:

ecl. 4. 32 thetin] Rakxy: t(h)etim γω

georg. 3.127 nequeat] M2 (nequeans M) RakyΛ, Gell. 1, 22, 13: nequeant Pω: nequead γ

Un esempio di variante interessante è il seguente:

Aen. 12.219-21

adiuvat incessu tacito progressus et aram

suppliciter venerans demisso lumine Turnus

pubentesque genae et iuvenali in corpore pallor.

221 tabentesque a2chkxy, Tib.

Al v. 221 la testimonianza di Tiberio Claudio Donato fornisce la garanzia dell’antichità della variante tabentesque, che incontrò il favore di Bentley e Ribbeck, probabilmente perché più espressiva, anche se può forse suggerire un’immagine troppo caricata (ma cf. Catull. 68, 55: assiduo tabescere lumina fletu). In questo caso non è facile né scegliere la lezione giusta né stabilire la genesi dell’errore, dal momento che tabentes avrebbe potuto esser condizionato da pallor e pubentes da iuvenali. Entrambe le aggettivazioni risultano pertinenti: si confronti Aen. 4, 642 ss.: at trepida et coeptis immanibus effera Dido,/ sanguineam volvens aciem maculisque trementis / interfusa genas et pallida morte futura; Aen. 8, 160: tum mihi prima genas vestibat flore iuventas.

 

I GRUPPO: aeuv

A Mynors[10] si deve il merito di aver per primo individuato la stretta affinità che lega questi quattro manoscritti, senza dubbio tra loro dipendenti, pur se secondo modalità non ancora del tutto chiarite. I risultati di Mynors sono stati sostanzialmente confermati dall’indagine di Kaster[11].

Prima di considerare la lista degli errori congiuntivi, va ricordato che il Par. lat. 13044 (u) è un manoscritto frammentario, di cui ci sono giunte solo le parti contenenti Aen. 6, 130-609; 6, 676-7, 712; 7, 748-12, 364.

Per quanto riguarda il Vat. lat. 1570 (v), del manoscritto originario restano le seguenti porzioni: ecl. 2, 33-6, 40; georg. 1, 1-4, 217; Aen. 1, 101-5, 240; 6, 162-569; 7, 646-9, 406; 10, 42-11, 52; 12, 517-952. Negli altri punti per cautela non si considera la testimonianza di v.

Ecco una lista dei più significativi errori condivisi quasi esclusivamente da aeuv:

ecl.

2.56 – 57 poetae tribuunt R2abcefgvΛγ

2.63 – 65 poetae tribuunt av

2.69 – 73 poetae tribuunt abevnoε

georg.

1.158 spectabis] aspectabis aev: expectabis bh

1.405 purpureo] purreo aeacg

1.284 uitem] 284 uites Raertvnηopc

1.398 litore] litora Maehv

1.446 rumpent] erumpent aev: rumpunt Rr, Seru. ad Aen. 1, 662  

2.129 miscuerunt] miscuerantque aetvze

2.141 hydri] agri Raetvg (corr. g1)

3.195 ponat] ponit A: ponet aev: signat Seru. ad Aen. 5, 317  

3.197 scythiaeque] scythiae ae

3.367 ninguit] ningit ae

3.427 longam] longua a (ex lingua) longua e

4.238 adfixae] adfixa F ( praeter bdr) nd: adfixa in a2a3ehpck2ozh

4.439 manicisque] uinclisque aejvndg1 (cf. u. 405)  

Aen.

1.486 utque] atque aev, Gramm.

5.41 amicis] amicos aerv

5.162 cursum] MA?pw, Sen., Tib.: gressum MPRaevzg (cf. Aen. 1, 401 et 11, 855)

5. 579 ante 578 habent Paevg (ord. rest. P1)

5.649 uel] et Pae

5.778 (= Aen. 3, 290) ante 777 (= Aen. 3, 130) habent Paefg: inuerso ordine MRw, Tib. (desunt uv)

6. 301 dependet] dependit aeuv

6.375 ripamue] ripamque aeguvz

6.399 hic] hinc F (corr. F2) aeuv

6.656 herbam] herbas aeg

6.898 emittit] inmittit aeug

7. 13 nocturna in limina] nocturno in lumine Maeu

7. 86 huc] huic aeuv

7. 586 rupes] moles aeu

7.624 parat] parant gaeu (corr. g1)

8. 182 et] ac aeuv

8.397 tum] tunc aeruv

621 loricam] loricamque aer?uv

9. 368 dum] cum aeuv

9.500 hunc u. ante u. 501 coll. ba2esuy

9.645 mittit] Mwg1, Tib.: mittit et Raeju: misit Pcvxyg

9. 689 eodem] in unum Raeju

741 animo] animi Raej  

10.35 iussa] iura Raeu  

10.48 sane] procul Raer?uv  

10.207 fluctum] MPVwg, DSeru., Prisc. 2, 53 et fig. num. 414, 7: fluctus Raberuv, Tib.

10. 445 iussa] dicta aenuv  

10. 531 multa] magna aeuv, Macrob. 5, 10, 5 (cf. Aen. 9, 265)

10. 569 aequore] agmine aeuv  

10. 574 ad litora] in litore dht (ad litore g, corr. g1)   currus] MPVwg, Tib.: currum Raceruv

10.760 spectat] aspectat aeuv

10.834 leuabat] wg, Seru.: lauabat MPRae, Tib. in lemm.

10.860 et talibus infit] ac talia fatur Raeuv (cf. Aen. 3, 485 al.)

11. 95 addidit] edidit Raeu (aedidit MA)

11.101 rogantes] MPwg, DSeru.: precantes Raeu, Seru. hic et ad Aen. 10, 31, Tib.

11.113 reliquit] relinquit aeu

11.207 caedis] stragis R1aeu (cf. u. 384 et Aen. 6, 504)

11.221 certamina] certamine Raeuv

11.235 limina] moenia Raeu

11.248 introgressi] congressi Raeu, Tib. (cf. u. 631)

11.255 uiolauimus] populauimus Raeu

11.526 hunc u. ante u. 525 coll. a2ceu   (desunt tv)

11.533 sociis sacraque] sacris sociaque Rae   (desunt tv)

11.637 reliquit] relinquit aeruv

11.652 umero] umeris Rae, Tib.

11.834 incurrunt] concurrunt Rae  

11.908 ac simul] tum pater (cf. u. 904) PRaeuvγ(corr. γ1)

12.33 patiare] MAPwg, Tib.: patiere MRaeuz  

12.146 ne] nec Raeuv  

12.185 cedet] cedat Raeuv  

12.332 increpat] Pwg, Seru., Tib.: intonat MRaeuv 

12.385 comes] MPwg: puer Raejv, Tib.

12.662 aciem] Pg, Diom. 414, 17, Dosith. 416, 29: acies Maevzw, DSeru.

In particolare, numerosi sono i casi d’inversione di parole poste all’incirca a metà del verso (vd. INVERSIONI):

Aen.

1.412 multo nebulae] n. m. aev

5.516 nigra figit] f. n. Paeig (ord. rest. Px)

5.592 teucrum nati] n. t. Paeg

6.731 noxia corpora] c. n. P1 (c. noxi P) aefguzg (ord. rest. Pxg1)

7.778 templo Triuiae lucisque] luco Triuiae templisque aeuv

10.202 triplex populi] p. t. Raeuv (ord. rest.Rx)  

10.410 socium uirtus] u. s. aeuv  

10. 615 pugnae subducere Turnum] Turnum subducere pugnae aeuv

10.650 dextra tellus] t. d. aeuv

10.841 socii exanimem] e. s. aeruv  

10.789 cari grauiter] g. c. aeuv

12. 16 ferro crimen] c. f. Raceuv

12.617 illi caecis] c. i. Raev (ord. rest. Rx)

Il valore della testimonianza di aeuv si desume anche dai casi in cui questi manoscritti conservano il testo autentico, contro la maggioranza dei manoscritti carolingi:

Aen.

9.236 sepulti] aefvx, Seru. ad Aen. 3, 41, DSeru., Tib. in interpr.: soluti MPwg (solutis R), Tib. in lemm.; cf. u. 189

9.432 transabiit] Raensu transadibit M: transadigit MAPdrtywzw, Non. 243, 31, Tib.: transadiit bcfghikvx  

10.100 prima] MRaejuvg1, Tib.: summa MAPwg, Macrob. 6, 2, 26, Aug. ench. 3, 11

10.280 uiri] Raev, DSeru. ad u. 773 (cf. u. 737): uiris MPwg, Tib.

10.823 grauiter miserans] Maekuv: miserans grauiter PRwg, Tib.  

11.202 fulgentibus] Raeu: ardentibus MPwg, Tib.

12.353 prospexit] conspexit w ( praeter aeuv)  

Senza dubbio a si discosta molto da euv, avendo spesso un testo migliore, o al contrario condividendo errori isolati con antiquiores (in particolare R: vd. scheda del Bern. 172+Par. lat. 7929-I). Si veda il seguente esempio:

euv (vs a)

Aen. 9. 237 conticuere] procubuere Pcekuvxyg (corr. g1), e u. 190

Tuttavia, molto spesso a post correctionem si allinea con gli altri manoscritti del gruppo:

axeuv

georg. 3.414 stabulis] in stabulis a1erpcv

georg. 2.106 discere a2ekvxyeh: dicere MVwg2, Colum. 3, 2, 29, Amm. Marc. 31, 4, 6 (cod. V), ps. Acro ad Hor. carm. 1, 28, 1; cf. georg. 1, 351

Un altro manoscritto che a volte si discosta dal gruppo è il Bern. 167 (e), il cui antigrafo probabilmente è stato contaminato con una o più fonti:

av (vs e)

ecl. 3.101 est post exitium add. g1Ravo (deest u)

ecl. 5.46 fessis] lassis anacvo (deest u)

ecl. 6.40 errent] err[.]nt a errant apcbaciacvy (ue)l essent e2

Aen. 12. 819 nulla fati] f. n. av

L’analisi dei titoli conferma il legame tra i manoscritti (vd. CODICI CAROLINGI DI VIRGILIO>TITOLI).

Un altro forte indizio di parentela è la circostanza che in aev (u manca) il tibicen Aen. 2. 233 numina conclamant sia scritto in capitale (vd. Kaster[12] e vd. TAV. XIIc). In questo caso può darsi che il copista dell’antenato comune avesse confuso il tibicen con un titolo.

Per lo stretto rapporto tra gli scolii del Bern. 172+Par. lat. 7929-I e quelli del Bern. 167 (che sembrano esserne una copia) si rimanda alla scheda di e.

Gli altri due testimoni (u e v) sono invece accomunati da una pericope del commento di Servio (ad Aen. 8.1-23), copiata in entrambi i manoscritti dal copista principale come premessa all’ottavo libro dell’Eneide (forse la stessa cosa avveniva anche per altri casi, ma la frammentarietà di u impedisce di dimostrarlo): si vedano a riguardo le schede dei due manoscritti.

 

TIPOLOGIE DI ERRORI NEI MANOSCRITTI CAROLINGI

 Una conseguenza immediata della contaminazione e della presenza di un commento nei manoscritti carolingi è la penetrazione nel testo di varianti tràdite solo da Servio o da altre fonti utilizzate negli scolî: nella maggior parte dei casi, è verosimile che esse siano state ricavate da fonti indirette, piuttosto che da fonti dirette.

Ad esempio, la nota di commento di Servio relativa a Aen. 1.175 recita: SVCCEPIT pro suscepit, ut diximus supra (Aen. 6.249); la maggior parte dei codici carolingi ha adottato la forma alternativa riferita da Servio (suscepit ωγ, così anche Prisc. 10.23), mentre solo una minoranza di essi si allinea con gli antiquiores (succepit MRajkt, così anche Tiberio Claudio Donato).

Un altro esempio interessante è il seguente:

 

Aen. 8, 542s.: sopitas ignibus aras/ excitat

excitat] suscitat Rdg2hijkstwz u(el) excitat k3 u(el) suscitat d2

La variante suscitat deriva dal parallelo con Aen. 5, 743=8, 410 sopitos suscitat ignis: questa è senz’altro la genesi della corruzione in R. Tuttavia, almeno alcuni fra i manoscritti carolingi che hanno a testo sopitas probabilmente dipendono da Servio, il cui commento a. l. recita: hypallage est, id est suscitauit aras Herculeas in quibus erant ignes sopiti. Infatti questa nota è stata trascritta nel margine da uno scoliasta di j.

Altri errori caratteristici dei manoscritti carolingi sono dovuti a una banalizzazione del testo: si pensi all’alterazione di un tempo verbale, che può avvenire, ad esempio, per analogia con un verbo vicino:

Aen. 1.48-9

Et quisquam numen Iunonis adorat

 praeterea aut supplex aris imponet honorem?

49 imponet Mγ2Rdw: inponit γpω

A volte la tendenza alla normalizzazione ha operato anche sul piano morfologico, come in:

Aen. 5.184 Sergesto Mnestheique, Gyan superare morantem

Mnestheique] Heinsius (mnesteique f): mnesthique P (-tique MRpgr), GLK 4.528.15, Tib.: mnest(h)eoque ωγ2

La variante Mnestheoque risponde all’esigenza di uniformare la terminazione di un nome greco a quella dei nomi latini in –us: si confronti il trattamento del nome Orpheus, la cui forma greca del dativo registra un’oscillazione analoga:

 

georg. 4.545 inferias Orphei Lethaea papauera mittes

orphei MVωγ, schol. Ver., Seru. datiuus est Graecus»), DSeru.: orphi Mx: orpheo Rnη (periit in FG); «orphei, in Ebrii orphi» schol. Bern., cf. u.553 et buc. 4, 57

 Sembra interessante notare la scarsa fortuna medievale delle forme latine del dativo Mnesthi e Orphi, probabilmente nate per ovviare alla difficoltà di spiegare la scansione del gruppo –ei ovvero –eo (compatibili col metro solo supponendo una sinizesi[13]).

Molto frequente è anche la tendenza a correggere in –es la desinenza –is dell’accusativo plurale dei nomi della terza declinazione, un fenomeno in realtà osservabile già nei codices antiquiores[14]. Nei manoscritti carolingi l’innovazione è spesso perseguita sistematicamente, specie se è opera di correttori.

Oscillazioni di questo tipo coinvolgono naturalmente non solo aspetti morfologici, ma anche fonetici e ortografici, per cui è opportuna una trattazione separata (vd. FONETICA E ORTOGRAFIA).

INVERSIONI

Una tipologia di errori su cui vale la pena soffermarsi è costituita dalle inversioni nell’ordine delle parole: anche in questo caso si tratta di una tendenza già documentata nei testimoni più antichi. Si vedano i seguenti esempi:

 ecl. 3.27 stridenti miserum stipula disperdere carmen

stipula miserum V (corr. V2)

 

georg. 4.566 Tityre, te patulae cecini sub tegmine fagi.

cecini patulae Rh

 

Aen. 1.627: quare agite o tectis iuvenes succedite nostris

iuvenes tectis R

 

Aen. 1.701: Dant manibus famuli lymphas Cereremque canistris

famuli manibus Π8 aeuvbdftij Aus. cento 15, Prisc., glk iii 407, 5

Aen. 5.235: di quibus imperium est pelagi quorum aequora curro

pelagi est M3Rrsdhiacjcn

Aen. 5.722: uisa dehinc caelo facies delapsa parentis

facies caelo Rpγbcv

Aen. 10.381: fit Lagus. Hunc uellit magno dum pondere saxum

magno uellit Mnr

 

Aen. 12.16 : et solus ferro crimen commune refellam

crimen ferro Raceuv

 Non è improbabile che errori di questo tipo siano stati commessi dai copisti in fase di memorizzazione o di auto-dettatura di una pericope di testo[15]. Infatti, si osserva che le inversioni ricorrono spesso alla fine della prima parte del verso, un punto in cui è verosimile che lo scriba effettuasse una pausa prima di passare a scrivere il secondo emistichio.

Spesso entra in gioco anche un altro fattore, cioè la ‘lettura attiva’ dello scriba: com’è stato notato da più di uno studioso[16], le inversioni (così come la sostituzione di parole con glosse sinonimiche) costituiscono un indicatore del livello di comprensione del testo da parte del copista. Nel caso dei testi poetici l’analisi delle inversioni permette non solo di verificare la comprensione della sintassi dello scriba, ma anche la sua sensibilità metrica e la modalità di scansione del verso.

Infatti, spesso l’ordo verborum conseguente a un’inversione risulta più vicino alla prosa, e a volte non tiene conto del metro, rispondendo a una semplice esigenza di normalizzazione, esattamente come nel caso dei segni di costruzione sintattica. Tuttavia, in molte occorrenze l’inversione si verifica tra due parole isometriche e non produce variazioni sostanziali nell’andamento del verso: in questi casi probabilmente è intervenuto anche un fattore ritmico legato alla modalità di lettura ad alta voce.

Del resto, la natura orale/aurale del processo di copia seguito dagli scribi altomedievali coinvolgeva una pluralità di aspetti: ciò è espresso con molta efficacia dal colophon del Vat. Pal. lat. 46 (IX sec., citato da Lindsay[17]): «tres digiti scribunt, duo oculi uident, una lingua loquitur, totus corpus laborat».

Nei manoscritti carolingi l’inversione di parole è un fenomeno particolarmente frequente (vd. e.g. GRUPPO fg, GRUPPO aeuv; scheda di h, i): ecco di seguito alcuni esempi, in cui non viene alterato il metro:

 

ecl. 5.9 Quid, si idem certet Phoebum superare canendo?

Phoebum certet dilz, recc.

 

georg. 1.136    tunc alnos primum fluuii sensere cavatas

fluuii primum cfghikxyz

 

georg. 1.287    multa adeo gelida melius se nocte dedere

melius gelida acfghixyz

 

georg. 2.365 ipsa acie nondum falcis temptanda, sed uncis

falcis nondum Φ ( praeter br) δζ

 

georg. 4.97 cum uenit et sicco terram spuit ore uiator

terram sicco fghikwxyz

 

Aen. 3.73: sacra mari colitur medio gratissima tellus

medio colitur γaevbhj

Aen. 102 tum genitor ueterum uoluens monimenta uirorum

uoluens ueterum dfiw uoluent ueterum g

Aen. 6.600: pectore nec fibris requies dat nulla renatis

fibris requies b

Aen. 9.226 ductores Teucrum primi, delecta iuuentus

primi teucrum fg

Aen. 10.410: non aliter socium virtus coit omnis in unum

virtus socium aeuv

Aen. 11.117: apparat his mecum decuit concurrere telis

decuit mecum cdfhnj

 

In altri casi l’inversione dà luogo a un testo ametrico:

 georg. 1.341 tum pingues agni et tum mollissima vina

pingues agni] agni pingues fghiksxyz

Aen. 7.313 non dabitur regnis esto prohibere Latinos

esto regnis cdhvj

Aen. 7.475 dum Turnus Rutulos animis audacibus implet

animis rutulos cdhsv

Aen. 9.114 ne trepidate meas, Teucri, defendere nauis

Teucri meas ds

Aen. 11.480: causa mali tanti, oculos deiecta decoros

tanti mali j

 

 A volte l’inversione coinvolge gruppi di parole, si veda e.g.:

 Aen. 5.382: tum laeua taurum cornu tenet atque ita fatur:

cornu taurum f tenet taurum cornu i

 In questo caso probabilmente il copista di i memorizzò il verso dividendolo così: tum laeua/ taurum cornu tenet/ atque ita fatur; invece il copista di f fece una pausa dopo l’eftemimere.

Esempi d’inversione s’incontrano anche nei manoscritti in beneventana (e.g. ecl. 3.9 et quo sed nymphae faciles risere sacello] f. n. n).

Oltre alle inversioni di parole, anche altri fenomeni possono essere considerati una spia della tendenza dei copisti a far coincidere la fine di una pericope di testo con la prima metà del verso: ad esempio, il cambio di mano (vd. Vat. lat. 1570, f. 26r, TAV. Vc: la mano B copia la prima parte di georg. 2.16, aesculus atque habitae grais, quindi subentra la mano A che copia la parte finale del verso e i due versi successivi, mentre da georg. 2.19 riprende la mano B; cfr. TAV. XIXa). Si vedano anche altri casi di errori singolari che in qualche modo implicano una separazione del verso in due parti (omissione di una parte, bipartizione su due righi): Bern. 239+255+Par. lat. 8093-VI (d); Guelf. Gud. lat. 66 (w); Vat. lat. 1570 (v); Par. lat. 10307 (y) (ERRORI SINGOLARI).

 In particolare, degli esempi molto interessanti emergono dall’analisi del Par. lat. 7926 (r), caratterizzato dalla divisione di ciascun verso su due righi (vd. I MANOSCRITTI CAROLINGI>MISE EN PAGE). Infatti, in alcuni casi il copista inverte proprio le ultime due parole del primo emistichio (dov’è probabile che sia avvenuta anche una pausa dell’auto-dettatura): si veda, e.g. georg. 4.15 et manibus Procne pectus / signata cruentis, verso che in r (f. 45v: TAV. Vb) appare così:

 et manibus pectus Procne

signata cruentis

Per una lista delle inversioni peculiari di r si veda la scheda (IL TESTO>ERRORI SINGOLARI).

Diverso è invece un caso del genere:

georg. 3.548     praeterea iam nec mutari pabula refert

iam nec] nec iam br

Stavolta l’inversione non è dovuta ad un lapsus del copista di r (infatti non coincide con la fine dell’emistichio), ma deve risalire a una fase antica, come suggerisce il fatto che essa è condivisa da un altro codice (b= Bern. 165, che condivide numerosi errori con r, vd. I GRUPPI E LE AFFILIAZIONI> br). Un fenomeno simile si riscontra anche in Aen. 1.333 uastis et] et uastis MRr (il verso è così scritto in r: erramus uento huc et ua/stis fluctibus acti).

Al contrario, in qualche caso r condivide con altri manoscritti un’inversione che coinvolge due parole copiate alla fine primo rigo:

georg. I 35 Scorpios et caeli iusta plus parte reliquit

iusta caeli cr

georg. I 460 et claro siluas cernes Aquilone moueri

cernes silvas bjr

In questi casi l’errore, almeno in linea di principio, potrebbe essere poligenetico; in realtà, nel secondo caso la presenza di altri errori congiuntivi comuni a bjr lascia escludere questa possibilità, e anche nel primo caso c potrebbe dipendere da r per contaminazione.

In definitiva, si può concludere che, laddove l’inversione in r non si verifichi alla fine di un rigo, è improbabile che si tratti di un errore accidentale: questo indizio fornisce allora un’utile indicazione sul valore della variante (che potrebbe derivare da una fonte antica).

Si consideri, ad esempio, un caso in cui la variante testimoniata da r potrebbe essere autentica (riporto il testo da Ottaviano-Conte 2013):

ecl. 5.45 tale tuum nobis carmen, diuine poeta

45 nobis carmen er, Probus 233, 32: carmen nobis PRω, cod. Auson. 197, Rufin. 58, 23, Prisc. 7, 336

I precedenti editori delle Bucoliche preferivano la lezione maggioritaria carmen nobis, ma io ho optato per il testo tràdito da er e testimoniato da Probo, in base a un ragionamento di natura stilistica: la lingua d’uso e quella poetica tendono ad accostare i pronomi personali per metterli in evidenza[18] (cfr. ecl. 1.7 ‘ille mihi’; 72 ‘his nos’; 75 ‘ego uos’; 2, 28 ‘mecum tibi’; 3, 17 ‘ego te’).

Un altro caso interessante coinvolge il Guelf. Gud. lat. 70 (γ), un manoscritto carolingio che conserva molte lezioni antiche (testo da Ottaviano-Conte 2013):

georg. 4.348 carmine quo captae fusis dum mollia pensa

fusis dum Mγ1 (fusisis dum γ): dum fusis PRω: dum fusi G

Per giustificare la scelta della variante fusis dum (trascurata da tutti gli editori precedenti), Conte ha richiamato molto opportunamente la cosiddetta ‘legge di Marx’, secondo cui una parola di forma spondaica generalmente precede un monosillabo lungo se le due parole sono separate dalla cesura eftemimere (perciò nel primo verso dell’Eneide si legge Troiae qui, e non qui Troiae).

Forse anche altri casi nell’Eneide dovranno essere riconsiderati alla luce di quest’osservazione.

Più in generale, i risultati dell’analisi di questa tipologia d’errore condotta sui manoscritti virgiliani si può probabilmente estendere a qualsiasi testo poetico antico, e potrà consentire di mettere a punto una tecnica nuova per la diagnosi di eventuali corruttele.

Infatti, gli esempi discussi dimostrano che la parte centrale e finale del verso sono, al pari della clausola[19], un punto particolarmente esposto all’inversione di parole: se queste sono isometriche, anche nel caso in cui i testimoni manoscritti siano tutti concordi, il filologo dovrebbe sospettare che in quel punto possa annidarsi una corruttela nascosta, e invocare criteri di natura stilistica (ordo verborum, struttura del verso) per risolvere il dubbio.

 

CORREZIONI

 I correttori dei manoscritti carolingi modificavano il testo secondo varie modalità:

  • intervenendo direttamente sul verso, eradevano le lettere o ne alteravano la forma per mutarle in altre lettere;
  • scrivendo la parola corretta, come variante, a margine del verso interessato, preceduta da espressioni come vel, aliter, etc.

Talvolta, varie e diverse mani intervenivano sul medesimo punto del testo: in casi del genere, distinguere i singoli contributi consente di stabilirne la successione temporale. Un esempio è offerto dal Valentian. 407 (h), f. (ecl. 5.85, vd. TAV. XVIIa). La lezione originaria di h era donabimus, corretto tramite rasura in donauimus. Nell’interlineo e nei margini sono state segnate da due mani (h2, h3) alcune varianti e glosse, in questa successione:

  1. h2 ha segnato nell’interlineo la glossa honorauimus, ripetuta in forma ampliata nel margine: aliter dicit: ab hoc carmine bucolico te ante honorauimus. La formula sembra suggerire il rinvio a una variante testuale (donauimus in luogo di donabimus);
  2. h3 ha indicato nell’interlineo la variante (ve)l –bi-, aggiungendo nel margine una nota ricavata dal commento di Servio: bene anticipat et offert munus quod ille se facturum promiserat (= Serv. a.l.).

La ricostruzione degli interventi dei glossatori permette di chiarire anche la dinamica della correzione, particolarmente equivoca in questo caso a causa della rasura. Molto probabilmente h2 leggeva il testo originario (donabimus), mentre la correzione si deve a h3, che ha segnato la variante per conservare traccia della lezione eliminata dalla rasura (in alternativa si può anche pensare che h2 abbia corretto il testo, e che h3 abbia ricavato da Servio la variante donabimus).

Infatti, questo è un procedimento molto frequente nei manoscritti carolingi: si veda e.g.

georg. 1.178 primis] prim[is] j primum j3 (ue)l primis j3


[1] Vergili Maronis, Opera, recognovit brevique adnotatione critica instruxit R.A.B. Mynors, Oxonii 1969 (19722), VIII.

[2] Mynors, R.A.B., Praefatio, in P. Vergili Maronis, Opera, recognovit brevique adnotatione critica instruxit R.A.B. Mynors, Oxonii 1969 (19722), x.

[3] P. Vergilius Maro, Aeneis, recensuit G.B. Conte, Berolini 2009.

[4] Kaster, R.A., The Tradition of the Text of the Aeneid in the Ninth Century, New York 1990, 278-89.

[5] Kaster, R.A., The Tradition of the Text of the Aeneid in the Ninth Century, New York 1990.

[6] Kaster, R.A., The Tradition of the Text of the Aeneid in the Ninth Century, New York 1990, 80-3.

[7] Vollmer, F., “P. Vergilii Maronis iuvenalis ludi libellus”, Sitzungsberichte der Königlich Bayerische Akademie der Wissenschaften. Philosophish-philologische und historische Klasse, 11 (1908) 3-82.

[8] Serv. ad Aen. 3.670 dextram adfectare dextram intendere et inicere, scilicet sic, ut posset navem tenere. Terentius “ad dominam qui adfectant viam”, id est intendunt: nam si ‘dextra’ legeris, ut sit ‘dextra contingere’, ‘adfectare’ ‘contingere’ caret exemplo.

[9] Si veda la parafrasi di Williams: «he has no chance of ‘aiming at’ the ship with a grab of his huge hand» (P. Vergili Maronis Aeneidos liber tertius. Edited with a Commentary by R.D. Williams, 199).

[10] P. Vergili Maronis Opera, recognovit brevique adnotatione critica instruxit R.A.B. Mynors, Oxonii 1969, ΙΧ (19722).

[11] Kaster, R.A., The Tradition of the Text of the Aeneid in the Ninth Century, New York 1990, 57-60; 87-91.

[12] Kaster, R.A., The Tradition of the Text of the Aeneid in the Ninth Century, New York 1990, 57-60; 57.

[13] Platnauer, M., Latin Elegiac Verse. A Study ofthe metrical Usages of Tibullus, Propertius & Ovid, Cambridge 1951, 66.

[14] Bömer, F., “Der Akkusativus pluralis auf -is, -eis und -es bei Vergil”, Emerita 21 (1953), 182-234; 22 (1954), 175-210; Gaebel, R.E., “The varied use of -es and -is for the accusative plural of i-stem words in Vergil’s Georgics”, Latomus 41 (1982), 104-131; Geymonat, M., “Accusativi plurali in -is, –eis ed –es”, in Enciclopedia Virgiliana, I, 1984.

[15] I trattati di filologia generalmente distinguono quattro operazioni nel processo di copiatura di ciascun segmento di testo: 1. lettura; 2. memorizzazione; 3. auto-dettatura; 4. scrittura. Vd. Dain, A., Les manuscrits, Paris 1949, 38-43.

[16] Havet, L., Manuel de critique verbale appliquée aux textes latins, Paris 1911, 204-5; 209-10; 242-46; Willis, J.A., Latin Textual Criticism, Urbana 1972, 57-62; cfr. Saenger, P., Space between words: The origins of silent reading, Stanford 1997, 49, 315 nn. 105-7.

[17] Lindsay, W.M., “Dictation”, Palaeographia latina 4 (1925), 85.

[18] Hofmann, J.B. Lateinische Umgangssprache, Heidelberg 19513, 121.

[19] Fränkel, H., Testo critico e critica del testo (trad. di Fränkel, H., Einleitung zur kritischen Ausgabe der Argonautika des Apollonios, Göttingen 1964, a c. di L. Canfora), Firenze 1969, 78.