Il testo tràdito da y (Par. lat. 10307 + Reg. lat. 1627-III)

Opere di Virgilio

  1. Lezioni Significative
  2. Errori Congiuntivi
  3. Correzioni
  4. Errori Singolari
  5. Errori Fonetici

Scolii e Glosse

Testi Complementari

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Opere di Virgilio

Lezioni Significative

Dopo l’edizione settecentesca curata dal Masvicius[1], che forniva una lista di varianti di questo manoscritto (‘Regius Parisiensis’), la sua testimonianza è stata trascurata dagli studiosi, fino alla recente edizione teubneriana di Virgilio (Conte 2009, Ottaviano-Conte 2013), che include il testimone (siglum y) nella recensio. A seguito della nuova collazione sono emersi dati interessanti, soprattutto in relazione alla forte affinità tra y e k (vd. infra, ERRORI CONGIUNTIVI). Questi due manoscritti tramandano in qualche caso una lezione autentica contro la maggior parte dei carolingi: e.g. ecl. 1.12 turbatur kyzL, Quint. 1, 4, 28, Cons. 372, 35, DSeru. ad Aen. 1, 272, «uera lectio» iudice Seru.: turbamur PRFg, agnoscit Seru.

[1] P. Virgilii Maronis Opera, cum integris commentariis Servii, Philargyrii, Pierii. … ad co. ms. Regium Pariensem recensuit Pancratius Masvicius, Leovardiae, Franciscus Halma 1717.

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Errori Congiuntivi

Il manoscritto condivide molti errori con k e x (vd. MANOSCRITTI CAROLINGI> I GRUPPI E LE AFFILIAZIONI>kxy).

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Correzioni

Alla mano responsabile delle glosse (y2) si deve la maggior parte delle integrazioni, come ad es. quella del tibicen costituito da Aen. 3.661 (de collo fistula pendet, 130r).

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Errori Singolari

In qualche caso il copista di y ha omesso la seconda parte di un verso e quello successivo (Aen. 7.84b-85; 7.732b-733), oppure la seconda parte di un verso e la prima parte di quello successivo (Aen. 2.442b-443). Probabilmente questi errori vanno spiegati come conseguenza del processo di auto-dettatura, che induceva il copista a dividere un verso in due parti per memorizzarlo (vd. MANOSCRITTI CAROLINGI>INVERSIONI).

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Errori Fonetici

Il manoscritto conserva, unico fra tutti i carolingi (e in un caso unico fra tutti i manoscritti pervenutici) alcune forme rare, come l’accusativo greco del nome Moeris in ecl. 9.53 (moerin y), 54 (moerin Py). Su questo e simili problemi ortografici vd. Ottaviano 2013[1].

[1] P. Vergilius Maro, Bucolica et Georgica, ed. S. Ottaviano et G.B. Conte, Berlin-New York 2013, 22 n. 62.

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Scolii e glosse

Per quanto riguarda il testo del commento di Servio, si vedano le osservazioni di Thomas[1] e di Savage[2]. Il manoscritto non è utilizzato nelle edizioni moderne di Servio.

Più interessanti sembrano le glosse e gli scolii, che mostrano analogie con altre fonti. Si consideri ad esempio i due scolii seguenti, apposti da y2 nel f. 50v: il primo si può confrontare con gli scholia Bernensia, il secondo con l’accessus del Laudunens. 468:

Si secundum historiam respicias, duo pastores inter se loquuntur, sed tamen Virgilius sic composuit, quasi alter cum illo contentiose locutus fuisset. Sed ille solus loquitur et assumit personam loquentis secum. Si vero allegorice intentionem Virgilii consideras, omnia in laudem Caesaris et principum ceterorum, per quos agri sibi redditi sunt, loquitur et inde eclogam istam composuit, in qua sibi personam inducit Tityri et Meliboei, alicuius fugientis Mantuani et felicitatem Virgilii admirantis.

numerus eglogarum manifestus est. Nam x sunt ex quibus proprie bucolice vii esse creduntur quod ex his excipiantur. Silenus et Gallus. Prima agitur de agro et dicitur Tit/yrus). Secunda amorem pueri et dicitur alexis. tertia certamen pastorum et dicitur palemon. quarta genethilia et dicitur pollio. V epitaphion et dicitur daphnis. vi metamorphosis et dicitur varus vel silenus. vii delectatio pastorum et dicitur coridon. Octava mores diversorum sexuum et dicitur damos. viiii propriam poetae conquestionem de amisso agro et dicitur moeris. x desiderium galli circa polinnam et dicitur gallus. illud tenendum est in bucolicis ut neque nusquam neque ubique figurate aliquid dici existimes ut dicit Servius.

[1] Thomas, É., Essai sur Servius et son commentaire sur Virgil, Paris 1880, 304-5.

[2] Savage, J.J., “The manuscripts of Servius’s Commentary on Virgil”, HSCPh 45 (1934), 189.

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Testi complementari

Per un’analisi dettagliata dei numerosi testi copiati nel manoscritto si rinvia senz’altro a Contreni 1972, 9-37 e Contreni 1978, 89-90, 119-120, 139-141. Tra gli elementi più significativi vanno segnalati:

  • l’Epithaphium Aelberhti di Alcuino ( lat. 10307, f. 43r), attestato solo in un altro manoscritto (Par. lat. 9347), copiato a Saint Rémi de Reims nel IX sec. (anche qui il componimento accompagna i versi di Giovenco);
  • il testo noto come Origo Troianorum, che in y è stato trascritto dal copista principale immediatamente prima dell’Eneide ( lat. 10307, ff. 96r-v), vd. GLOSSE> ORIGO TROIANORUM. La presenza di questo testo in in altri due manoscritti di Virgilio (kx) conferma il loro stretto rapporto con (vd. supra, ERRORI CONGIUNTIVI);
  • la versione latina di cinque θεοτοκία copiata nel f. 95v del lat. 10307, realizzata secondo Jeauneau[1] al tempo di Carlo il Calvo sotto l’influsso di Giovanni Scoto Eriugena (o direttamente per opera sua);
  • il frammento poetico di Giovanni Scoto (Carm. 2.8.1-3)[2] copiato nel 95v del Par. lat. 10307, che probabilmente deriva dal Laudunens. 444;
  • due distici greci e due brevi versi latini copiati nel 95v del Par. lat. 10307, che sembrerebbero derivare da una raccolta di epigrammi prodotta nel circolo letterario gravitante intorno alle figure di Sedulio Scoto, di Giovanni Scoto e del maestro irlandese Fergus (Bischoff 1951, 47 n.1);
  • il componimento anonimo in cinque distici su Marziano Capella copiato nel f. 65r del lat. 1625 (edito da a Leonardi 1961, 150 e ristampato da Contreni 1972, 30 n. 52 e di recente da Teuween[3]) non sembra originale, come è stato sostenuto finora: contiene due errori significativi[4] che suggeriscono piuttosto la possibilità che questo testo sia stato copiato, probabilmente da un esemplare di Marziano Capella. Di conseguenza, non è necessario immaginare che il manoscritto sia appartenuto a una personalità di spicco (capace di comporre distici di discreta fattura): più probabilmente si tratta di un prodotto di scuola. Del resto, gli altri estratti presenti nel f. 65 tradiscono chiaramente questa matrice (vd. Leonardi 1961, 145);
  • il frammento di un glossario greco-latino ( lat. 1625, f. 66r; Par. lat. 10307, f. 246v), che si può confrontare con i Graeca collecta copiati in un codice di Martino di Laon (Laudunens. 444), tra i quali figura anche un componimento (AL 664) copiato nel f. 96r del Par. lat. 10307: Leonardi 1961, 145-52; Contreni 1972, 2;
  • la glossa su «vesper» annotata nel f. 233 del lat. 10307 (cfr. GLOSSE>i) e il testo di Darete Frigio[5] (Par. lat. 10307, ff. 234-239), aggiunti da una mano di X-XI sec.

[1] Jeauneau, E., “θεοτοκία grecs conservés en version latine”, in A. Schoors et P. Van Deun (éd.) Philohistôr. Miscellanea in honorem Caroli Laga septuagenarii, Louvain, 399-421 (= Id., Id.,  « Tendenda Vela ». Excursions littéraires et digressions philosophiques à travers le moyen âge, Turnhout, Brepols, 2007).

[2] Iohannis Scotti Eriugenae Carmina, M.W. Herren (éd.), Dublin, 1993 (Scriptores latini Hiberniae).

[3] Teeuwen, M., “Seduced by Pagan Poets and Philosophers:Suspicious Learning in the Early Middle Ages”, Limits to Learning The Transfer of Encyclopaedic Knowledge in the Early Middle Ages, ed. by C. Giliberto and L. Teresi, Leuven – Paris – Walpole, Ma 2013, 78-9.

[4] Al v. 8 (femineo uultu nomina falsa docet) nomina va corretto in numina (Leonardi 1961, 150); si considerino inoltre i vv. 9-10: aetherios superasse polos talaribus altis / Mercurium finxit duceret inde deam. Anche in questo caso arebbe opportuno intervenire, correggendo duceret in ducere et.

[5] Faivre d’Arcier, L., Histoire et géographie d’un mythe. La circulation des manuscrits du De Excidio Troaie de Darès le Phrygien (VIIIe-XVe siècles), Paris 2006, 105.