Nonostante la completa assenza di testimoni manoscritti dell’opera virgiliana copiati tra la fine del VI e l’inizio dell’VIII sec., la sopravvivenza del testo nella pratica scolastica è testimoniata dalle citazioni e reminiscenze presenti in alcuni autori di questo periodo: Venanzio Fortunato e Gregorio di Tours nella Gallia del VI sec., Isidoro di Siviglia tra VI e VII sec., maestri irlandesi come Adamnano di Iona, attivo nel VII sec.
Il testo più conosciuto è senz’altro l’Eneide, e in particolare i primi sei libri, probabilmente a causa del loro ampio impiego nella pratica scolastica (come dimostrano le citazioni nei grammatici di IV-V sec.). Si veda a proposito il contributo di Holtz sulla fortuna di Virgilio nell’alto Medioevo.
La diffusione del testo di Virgilio e soprattutto dei commenti tardoantichi alle sue opere nell’Inghilterra anglosassone della fine del VII sec. è inoltre provata dalle molteplici citazioni nell’opera di Adelmo (su cui si veda Murgia e Ziolkowski-Putnam) e di Beda, il cui rapporto con Virgilio è stato discusso da Wright. Una conferma ulteriore è fornita da un frammento del Servius auctus copiato verosimilmente nel Sud-ovest dell’Inghilterra nel VII sec. e conservato nei pressi di Fulda, a Spangenberg.
Ciò non stupisce: la scuola insulare è la culla di un profondo rinnovamento dello studio del latino e dei testi classici. Come ha mostrato Law, nuovi compendi grammaticali vengono allestiti per facilitare la comprensione di una lingua e di argomenti ormai lontani dalla realtà quotidiana; l’impaginazione stessa dei manoscritti cambia radicalmente, grazie alla separazione delle parole (su cui si veda Saenger), alla punteggiatura e ad una serie di altri accorgimenti grafici che creano una sorta di “Grammar of Legibility” (Parkes).
L’arrivo di scribi anglosassoni nel continente a partire dalla seconda metà dell’VIII sec. ha lasciato tracce evidenti nella tradizione manoscritta di Tiberio Claudio Donato (Flor. Laur. 45, 15, Tours) e di Servio (Leid. BPL 52, Corbie). Come ha sottolineato Holtz, la mediazione svolta dai maestri irlandesi o anglosassoni nella trasmissione di parte del patrimonio tardoantico costituisce una tappa importante nel processo di formazione della scuola carolingia.
Il fenomeno andrà anche messo in relazione con la presenza di Alcuino alla corte di Carlo Magno a partire dal 782 e dalla sua nomina come abate di Saint-Martin di Tours nel 796. Infatti, a questo periodo risale una lettera rivolta all’imperatore, in cui Alcuino lamentava l’assenza di libri adeguati per l’insegnamento (exquisitiores eruditionis scolasticae libelli) e chiedeva di richiamare dall’Inghilterra alcuni giovani perché portassero in Francia i flores Britanniae Alcuin.Ep. 121, 177, 4-9).