Il testo tràdito dal Reg. lat. 1669

Opere di Virgilio

  1. Lezioni Significative
  2. Errori Congiuntivi
  3. Correzioni
  4. Errori Singolari
  5. Errori Fonetici

 

Scolii e Glosse

Testi Complementari

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Opere di Virgilio

Lezioni Significative

 Il valore testuale del testimone si ricava dalle numerose lezioni autentiche conservate, in particolare:

ecl. 2, 41 (albo); 3, 38 (facili); 3, 98 (eruo);
georg. 2, 57 (iam quae); 2, 222 (oleo); 2, 364 (agit);
Aen. 1, 174 (silici); 2, 727 (examine); 4, 18 (fuisset); 4, 26 (Erebo); 5, 558 (it); 5, 649 (eunti); 7, 211 (auget); 8, 724 (Mulciber); 10, 270 (a uertice); 11, 480 (deiecta); 11, 624 (procurrens); 11, 708 (fraudem); 12, 801 (ne).

Altrove il manoscritto tramanda delle varianti rare e preziose accolte solo da una parte degli editori; ad esempio, ecco tre casi in cui la lezione tràdita da i è accolta a testo nella recente edizione teubneriana di Virgilio (Ottaviano-Conte 2013Conte 2009):

  • ecl. 7.25 nascentem Vbisε, Seru.: nascente M: crescentem MAPaωγ, ps. Acro ad Hor. carm. 1, 1, 29, Seru. ad buc. 4, 19, Expl.
  • Aen. 5. 573 trinacriis g?ik2: trinacrii PRbknr, Seru., Tib.: trinacriae M2 (-cree M) P2pωγ: trinacria a
  • Aen

    . 11. 149 pallanta MA ix2: pallante MPRωγ, Seru., Tib.

Spesso il Reg. lat. 1669 si distingue dal resto dei carolingi, accordandosi in errore con uno o alcuni degli antiquiores oppure con due testimoni carolingi dal comportamento eccentrico, a e γ. Ecco qualche esempio:

ecl. 6.78 narrauerit] narrauerat Ra?i; 8.109 parcite carmina] carmina (-ne c) parcite Mceri; 10.62 neque] nec Rabi;
georg. 1.2 uertere] uetere Pai; 2.208 euertit] uertit Pi; 2.529: uocat] uocant Pi;
Aen. 2.524 recepit] recipit ai; 3.407 occurrat] occurret ai; 3.454 increpitent] increpitant ai; 4.698 nondum] necdum Piγ; 5.278 clauda] cauda MPpcViacrz Tib.; 5.810 rapui] eripui Fpci; 6.768 reddet] reddat Rci; 7.496 succensus] accensus iγ; 11.439 induat] induit Piγ; 12.203 cadent] cadet Rani; 12.343 Imbrasidas] embrasidas RPpcaiγ; 12.449 agnouitque] agnoscitque Pi; 12.568 uicti] dicto iγ Char. 99, 1; 12.784 mutata] conuersa MpcPiγpc; 12.795 caelo fatisque] fatis caeloque Pi.

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Errori Congiuntivi

Il Reg. lat. 1669 si avvicina maggiormente ai testimoni del cosiddetto ‘secondo gruppo‘ nella classificazione fatta da Kaster. In particolare, il sottogruppo a cui i si avvicina maggiormente è costituito dai manoscritti dhiltwz, con cui condivide alcuni errori significativi:

ecl. 3.84 est] sit dhilzΛ (praeter n), Seru. (deff. tw); 5.9 phoebum certet dilz, recc. (deff. tw);
Aen. 8.381: imperiis] imperio dhitwz Seru., Seru. auct. ad 8, 374 (def. l); 8.206: intractatum] intemptatum Mpcdhistwz (def. l); 9.132: nostris manibus] manibus nostris dhikstwz (def. l); 9.189: soluti] sepulti adhistwz (def. l); 10.35: uertere] flectere dhti (deff. lw); 10.602: ductor] uictor cdhti (deff. lw)

Negli ultimi libri dell’Eneide, oltre al rapporto con dht, sembra maggiore la vicinanza a fg, a j e al sottogruppo kxy:

Aen. 11.104 aethere] aere dfhjikxz (deff. lw); 11.247: agris] aruis dfghijvxz, Seru., Tib. (deff. lw); 11.774: erat] sonat apccdfghjixzγ (deff. lw); 11.781: incauta] incensa dhij (deff. lw); 11.877: speculis] muris cdfgijkxz (deff. lw); 12.719: nemori] pecori dghijkxyzγpc (deff. lw); 12.757: tumultu] fragore apcdijkx (om. h), Tib. (deff. lw); 12.882: aut] haud chijkvxzγpc, Tib. (deff. lw)

Una conferma di questa relazione è fornita dai titoli di i, condivisi da molti manoscritti dello stesso gruppo, e da alcuni scolii non serviani comuni anche ad f.

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Correzioni

Un intervento frequente di correzione consiste nell’aggiunta di interi versi; a volte si tratta di semplici omissioni dovute a distrazione, a cui in genere il copista stesso ha posto rimedio: ciò avviene spesso per i tibicines (Aen. 3.661; 4.400, 503; 5.322, 574, 653; 7.439; 8.536; 9.295, 467, 520, 761; 10.17, 284; 11.391), oppure in condizioni che favoriscono un saut du même au même (ecl. 3.104-105; 4.60-61; georg. 1.237; Aen. 8.59-162, 397, 646, 652; 9.370-371, 745; 10.118, 188, 214, 279, 300), o ancora con particolare frequenza in circoscritte sezioni del codice, evidentemente per effetto della stanchezza (Aen. 3.575, 650; 9.156, 162, 275, 287, 340, 360, 405, 438, 548, 563, 705, 727, 736; 10.77, 130, 146, 162, 198, 227, 271, 309, 316, 385; 11.308-311, 324).

Più interessanti sono le aggiunte di versi spuri, effettuate principalmente da mani recenziori, come avviene nel caso di un verso (lubrica conuoluens sublato pectore terga), inserito dopo georg. 3.437 da i6 su imitazione di Aen. 2.474. Le altre interpolazioni (presenti anche in altri manoscritti carolingi) sono: Aen. 4.528 (i5); Aen. 2.76 e 3.661 (i7); georg. 1.389a e Aen. 10.278 (i8); Aen. 4.270 è stato aggiunto da i9, una mano molto tarda (XI o forse anche XII), che tuttavia ha lasciato pochissime tracce nel resto del codice.

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Errori Singolari

Dall’analisi degli errori si evince che i deriva da un esemplare in minuscola: frequenti sono gli errori dovuti alla confusione tra lettere o allo scioglimento di abbreviazioni tipiche di una scrittura minuscola (forse con tratti insulari):

a/c: georg. 3.105: haurit] curit i; n/ri: Aen. 2.239: gaudent] gauderit i;
s/r: georg. 2.277: setius] retius i; georg. 3.266: est] ert i;
uer (ũ): georg. 3.252: uerbera] ubera i (il copista non si è accorto della presenza di un titulus sopra la u);
par (ṕ ): Aen. 5.858: parte] post arte i (confusione tra l’abbreviazione insulare per per/par e quella continentale per post (p’).

Tuttavia, è possibile risalire anche ad un antenato più antico, come dimostrano alcuni errori da maiuscola:

E/I: Aen. 1.297: demittit] demittet i;
Aen. 1.540: permittit] permittet i;
P/F: georg. 2.166: plurima] flurima i;
T/F: georg. 1.298: terit] ferit i (cf. georg. 2.341: terrea] ferrea codd.).

Altre considerazioni sull’antigrafo e sulle tendenze tipiche dei copisti di i si possono ricavare dall’analisi degli errori che ricorrono con più frequenza nel manoscritto.

Fra questi va menzionata in primo luogo l’omissione accidentale di un verso, ad es. f. 16v (ecl. 10, 38); f. 31r (georg. 2, 457); f. 33r (georg. 3, 62); f. 135r (Aen. 8, 397); f. 142r (Aen. 9, 156).

Un altro errore molto frequente è l’inversione di parole, che generalmente si verifica in corrispondenza delle cesure e dà luogo ad una variante compatibile con il metro (MANOSCRITTI CAROLINGI>ERRORI>INVERSIONI):

Aen. 3.417 una foret: uenit medio ui pontus et undis

medio uenit i

georg. 1.315 frumenta in uiridi stipula lactentia turgent

stipula uiridi i;

Aen. 1.735: et uos o coetum, Tyrii, celebrate fauentes

Tyrii coetum i, recc. quattuor apud Burman i

In altri casi l’inversione non tiene conto del metro:

Aen. 1, 360: his commota fugam Dido sociosque parabat

dido fugam i

Si riscontrano anche casi di glosse interpolate:

Aen. 1.297 alto] alto caelo iac; 2.191 imperio] ab imperio iac; 2.40 omnis] uulgus iac

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Errori Fonetici

Non vi sono particolarità fonetiche o ortografiche di rilievo da segnalare: a parte qualche ipercorrettismo nell’uso dei dittonghi o qualche alterazione normale per l’epoca (la lettera k è sostituita dalla c, la desinenza dell’accusativo plurale in –is è spesso stata corretta in –es; è impiegata costantemente la grafia geminata dii per di), si riceve l’impressione che i copisti del codice siano stati piuttosto scrupolosi nel riprodurre anche gli aspetti formali del modello.

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Scolii e glosse

Nei margini del codice è stato copiato il commento serviano, il cui testo, privo delle cosiddette aggiunte danieline, è riconducibile ad un ramo molto contaminato della tradizione manoscritta, la famiglia di Tours.

Uno dei correttori (i3), operante esclusivamente nelle Bucoliche e nelle Georgiche, ha aggiunto nell’interlineo o nei margini delle note non serviane coincidenti con quelle presenti nel Reg. lat. 1495, pubblicate in gran parte da Thilo nell’apparato della sua edizione (Ottaviano 2009, 288-93). Le stesse note si ritrovano negli scolii del Par. lat. 7928 (s), su cui vd. di recente Poletti.

Altri interventi sul commento di Servio da parti di mani correttrici in genere consistono nell’aggiunta di materiale desunto da Isidoro e Agostino (Isid. Orig. 8.7; Aug. Doct. christ. 2. 27-8: f. 3v; Aug. Civ. 18.17: f. 16r; Isid. Orig. 3.44.1: f. 20v).

Più interessanti sono alcuni scolii annotati da i6, talvolta coincidenti con quelli di f, che presentano consistenti rimaneggiamenti del dettato serviano contaminato con altre fonti (principalmente Isidoro e Agostino) : si veda la sezione GLOSSE> fi.

Sono invece tratte quasi esclusivamente dal commento serviano le note apposte dalle mani successive, una delle quali, i7, nomina spesso in forma esplicita la fonte; si veda ad esempio il seguente scolio (f. 81r):

Ad Aen. 3, 671 ‘Potis’ nomen est indeclinabile, sed Seruius declinabile uult: ‘potis potis poti potem potis pote’, quod, ut ipse dicit, nomen esse ratio docet comparationis, quia facit ‘potissimus’ in superlatiuo. Cui <si> ‘-simus’ detractum est, nominis positionem inuenies ut ‘acerrimus acer’, ‘fortissimus fortis’. Declinari autem compositio docet: ‘impotis’ et ‘compotis’, ‘impotem’ et ‘compotem’ quod simplex non est in usu.

Cfr. Serv. ad Aen. 3, 671: ‘potis’ autem nomen est et declinatur ‘potis, potis, poti, potem, potis, a pote’. Et nomen esse docet ratio conparationis; nam in superlatiuo ‘potissimus’ facit; cui si detraxeris ‘-simus’, inuenies nominis positionem, ut ‘acerrimus acer’, ‘fortissimus fortis’. sic autem, ut diximus, declinari conpositio ostendit; nam ‘huius impotis compotis, impotem compotem’ facit: quod in simplici difficile inuenis, per conpositionem agnoscis facilius.

Interessante è il breve accenno di dissenso con cui si apre la citazione, che trova riscontro in:

Rem. Autissiod., In artem Donati minorem commentum, p. 64, 26 Fox: ‘potius’ comparatiuus est et uenit a nomine, quod est ‘hic et haec potis’ et ‘hoc pote’ indeclinabile;
Sed. Scot., in Donati artem maiorem, 2, p. 250, 42 Löfstedt: et ‘potius’ est comparatiuum a nomine quod est ‘potis’ indeclinabile.

È dunque possibile che queste note risentano dell’insegnamento di Remigio, o almeno che siano state influenzate da sua fonte, usata anche da Sedulio Scoto.

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Testi complementari

I primi fogli del codice non contengono materiale virgiliano, ma una sorta di miscellanea astronomica: una selezione di passi del commento di Macrobio al Somnium Scipionis, corredati di illustrazioni e accompagnati da brani pertinenti di Beda e Isidoro. È probabile che i fogli, originariamente vuoti, siano stati così riempiti, nello stesso scrittorio e all’incirca nello stesso periodo in cui il testo di Virgilio fu copiato.

È interessante osservare che, con l’esclusione della parte conclusiva desunta da Isidoro, gli excerpta e i diagrammi coincidono esattamente con quelli presenti nei codici che tramandano l’epistola di Dungal a Carlo Magno dell’811, dedicata alla spiegazione delle eclissi solari avvenute l’anno precedente (MGH, Epist., iv, 570-78, n° i). Il confronto del Reg. lat. 1669 con il testo dei due testimoni superstiti della lettera, entrambi di origine italiana (Berlin, Deutsche Staatsbibliothek Phillipps 1784, IX1 sec.; Monza, Biblioteca Capitolare, c-9/69, X1 sec.), sembra dimostrare l’esistenza di un ramo francese nella tradizione manoscritta dell’epistola, probabilmente testimoniato anche da un codice perduto di Saint-Remis di Reims (vd. Ottaviano).

Altri testi legati più o meno strettamente alle opere di Virgilio sono stati copiati da mani del X-XI sec. nel f. 192r. A parte le glosse (per la trascrizione si veda la sezione: GLOSSE> i), di particolare interesse è una Vita virgiliana, a cui è stata conferita la denominazione di Periochae Vaticanae, perché rientra in una tipologia di accessus all’autore basata sul sistema delle sette periochae o circumstantiae, che fu caratteristico dell’insegnamento di Giovanni Scoto Eriugena. Il contenuto è affine a quello della Vita Gudiana I aggiunta nel X-XI sec. al Guelf. Gud. lat. 2° 70 (in particolare alla sezione finale, le Periochae Gudianae I). Maggiore rispondenza si constata con le Periochae Bernenses copiate da una mano dell’inizio del X sec. nel Bern. 165 e soprattutto con le Periochae Tegernseenses contenute nel Monacen. lat. 18059 (sec. xi2/4).

Tuttavia il testimone più vicino è il Par. lat., un manoscritto francese della fine del X sec. (f. 6r), dove la vita è stata inserita all’interno di un complesso zibaldone, che include anche altri materiali identici a quelli presenti nel f. 192r del Reg. lat. 1669 (glosse 1 e 2). Il testo della vita tràdito dai due manoscritti coincide esattamente, salvo lievi divergenze: il Par. lat. 8069 è in genere più corrotto e impreciso, specie nella grafia delle parole greche; tuttavia, almeno in un caso conserva, contro il testo del Reg. lat. 1669 (modi audilocutionum), la lezione giusta (modi autem locutionum), in accordo con le Periochae Tegernseenses. La presenza di errori congiuntivi e separativi suggerisce dunque l’esistenza di un modello comune, confermata anche un altro indizio: nei ff. 1-6 del Par. lat. 8069 compare l’abbreviazione per est tipica dello scrittorio floriacense all’epoca di Abbone, usata, come si è visto, anche dalle mani operanti nel f. 192 del Reg. lat. 1669. Questa circostanza non incrina l’ipotesi di attribuzione del Par. lat. 8069 a Reims formulata da Claudia Villa, ma andrà spiegata attraverso un’indagine sulle relazioni tra questo centro e quello floriacense.